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Risultati entusiamanti da una ricerca scientifica sui topi, che però deve avere un riscontro prima statistico e poi sperimentale sull'uomo

Si rischia di essere ripetitivi, ma i risultati che giungono dal mondo della ricerca medica che si occupa di indagare a fondo sulle proprietà del mondo vegetale meritano un’attenzione particolare perché fanno diventare urgente fermare la distruzione della biodiversità.
Ogni volta che sparisce una pianta è come se avessimo bruciato la speranza di combattere una malattia.
Sono appena spariti da questo sito gli echi dei benefici effetti del cacao e del rischio che venga modificato geneticamente, senza alcun riguardo salvo quello economico, che sale in cattedra il caffè.
Il suo ingrediente principale, infatti, ovvero la caffeina, potrebbe rivelarsi un’arma utilissima per prevenire la sclerosi multipla o curarla.

La sclerosi multipla è una malattia autoimmune che colpisce i centri nervosi e riguarda soprattutto le donne. In Italia ci sono 54 mila malati, di cui 31 mila donne tra i 20 e i 30 anni.
La malattia è causata da una reazione immunitaria scorretta che porta le difese immunitarie ad attaccare l’organismo. A farne le spese è la guaina isolante che riveste le fibre nervose, la mielina, che viene divorata dal sistema immunitario.
Privati del rivestimento di mielina, i nervi non riescono più a trasmettere i segnali nervosi. Il decorso della malattia conduce inesorabilmente alla paralisi e per ora non ci sono cure risolutive.

Da uno studio su topolini, pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences, la caffeina sembra bloccare un interruttore necessario ad innescare le reazioni immunitarie patologiche che provocano la malattia, l’adenosina.
“Ovviamente i topi non sono esseri umani – hanno detto i ricercatori – resta tutto da dimostrare un analogo effetto protettivo della caffeina sui pazienti“.
Ma di certo il passo successivo della scoperta potrebbe dunque essere quello di condurre un vasto studio retrospettivo (cioé fatto a posteriori) su pazienti con sclerosi multipla per vedere se il decorso della loro malattia é stato alterato da differenze nel consumo individuale di caffè (ai topolini è stato somministrato un quantitativo quotidiano di caffeina pari a quella contenuta in 6-8 tazze di caffè).
Ciò fatto si potrebbe sperimentare la caffeina anche sull’uomo, e non solo per la sclerosi multipla ma anche per molte altre malattie autoimmuni come il lupus e l’artrite reumatoide.

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