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Rifondazione comunista ha già messo le mani avanti a difesa di un testo che nelle commissioni ha visto "corrette" varie impostazioni della Giunta: previsti anche contributi per demolire le "brutture"

Approderà in aula oggi in Consiglio regionale dell’Umbria il disegno di legge sulle “Norme per i centri e nuclei storici”.
La lobby del mattone e del cemento si preparava a fare fuoco e fiamme per ripristinare il testo originario, ma forse le ultime vicende li costringeranno a stare più buoni.
Intanto è il PRC che dà la sua lettura alla nuova legge, una legge, secondo la sinistra, con dei paletti ben precisi, tali da scongiurare una gestione delle premialità “non condivisibile”.
Fra le caratteristiche del disegno di legge c’è l’eliminazione del Registro delle quantità edificatorie premiali, “che affidava ai privati l’esclusiva gestione dei volumi – ha detto il capogruppo Vinti – rafforzando invece la centralità dei Consigli comunali, ai quali i privati dovranno sottoporre i diritti edificatori acquisiti”.
Saranno dunque i Comuni ad autorizzare non solo gli interventi di recupero nei centri storici ma anche quelli edificatori premiali, in aree già residenziali e in equilibrio con i limiti di volumi previsti dal proprio programma urbanistico.
Inoltre la premialità non può riguardare nuove superfici a destinazione commerciale, e questo è un altro “punto irrinunciabile – secondo Vinti – perché altrimenti si entrerebbe in contrasto con lo spirito della legge che deve tutelare le attività del centro storico e non gli elementi di concorrenza. Non siamo disposti – ha aggiunto – a sostenere emendamenti in aula per un meccanismo di premialità atto a bypassare i Comuni in favore di strutture commerciali”.
Infine, le quantità premiali sono riconosciute solo nel caso in cui il costo degli interventi sia per almeno l’80% destinato a restauro, risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia degli immobili, e gli edifici ristrutturati debbono essere locati solo a canone concordato per otto anni.
Previsti anche incentivi per eliminare “superfetazioni” edilizie, cioè quei volumi aggiunti negli anni Cinquanta e Sessanta che non hanno pregio architettonico, o per demolire edifici giudicati “incongrui”, come quelli costruiti negli anni Sessanta che hanno limitato spazi pubblici o costruito vicoli.

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