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La ricerca non punta su un antitodo preventivo ma sulla somministrazione a contagio avvenuto per limitare i danni dell'infezione

L’annuncio di una sperimentazione, anche a Perugia, di un vaccino anti AIDS, che però punta unicamente a rallentare gli effetti della malattia è anche e purtroppo la certificazione del flop dei vaccini preventivi.
Nuove sperimentazioni che puntavano sulla prevenzione dell’infezione da Hiv sono state bloccate: decine di milioni di dollari e venti anni di ricerca perduti. E mentre gli Usa ammettono di non avere una strategia, la ricerca in Italia segue altre strade.

L’insuccesso ha dei motivi oscuri. Gli scienziati lavorano sull’ipotesi è che il vaccino abbia in qualche modo reso il sistema immunitario più vulnerabile. Un’eventualità non prevedibile, secondo gli studiosi statunitensi, né prospettata dai precedenti test effettuati su alcune scimmie.
Sta di fatto che le sperimentazioni di due dei più promettenti vaccini anti-Hiv (Step e Phambili) della farmaceutica Merck sono state bloccate: non solo i due farmaci si sono dimostrati inefficaci, ma aumentano il rischio di contagio.
L’idea era di sfruttare un adenovirus (come quello dell’influenza) reso inoffensivo per veicolare geni dell’Hiv che codificano per tre proteine, e indurre il sistema immunitario a produrre gli anticorpi specifici.

Il commento del direttore della sperimentazione italiana è critico: “La prevenzione dall’Hiv è estremamente difficile da ottenere”, ha detto Arnaldo Caruso, ordinario di microbiologia dell’Università di Brescia che sta lavorando a una via alternativa a quella preventiva, ovvero a un vaccino da somministrare a contagio avvenuto per limitare i danni dell’infezione: “Sono quarant’anni che si cerca di ottenere un vaccino preventivo per un virus dell’herpes e non ci riusciamo. L’Hiv è peggio: infetta e si integra con le cellule del sistema immunitario stesso, comincia a circolare in tutto l’organismo e a mutare. Le sue proteine di superficie, bersaglio della maggior parte dei vaccini in studio, sono specchi per le allodole, mentre i siti attivi rimangono nascosti”.

Il vaccino dell’équipe di Caruso è al momento al vaglio dell’Istituto Superiore di Sanità per l’autorizzazione alla sperimentazione di fase 1 (su innocuità e immunogenicità) che dovrebbe partire nei prossimi mesi a Brescia, Milano, Torino e Perugia.
Un altro vaccino, che sta già entrando nella fase 2, è quello del gruppo di Barbara Ensoli, ricercatrice dell’Iss.

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