La Federazione Apicoltori Italiani chiede una rete di monitoraggio e maggiore impegno di istituzioni e agricoltori. Altri Paesi lo fanno da tempo ma in Italia questo strumento manca ancora: alveari messi in rete, per un monitoraggio costante e capace di rappresentare in tempo reale la consistenza delle perdite di alveari.
Solo così si possono ottenere i dati necessari alla localizzazione dei fenomeni di morìa, all’individuazione delle cause e dei conseguenti interventi correttivi.
Il sistema va attivato con immediatezza, coinvolgendo gli Apicoltori e le loro Associazioni. Ha un costo non superiore a 150.000 euro.
Secondo quanto dichiarato dagli esperti intervenuti al convegno della Federazione Apicoltori appare chiaro, infatti, che le cause della mortalità degli alveari, nel nostro Paese, sono riconducibili in primo luogo a tre fattori scatenanti:
1) recrudescenza e virulenza della varroa (un acaro che in 25 anni è diventato endemico in tutti gli allevamenti apistici);
2) diffusione di nuove patologie, impoverimento dei pascoli e conseguente indebolimento del sistema immunitario delle api;
3) impiego di insetticidi in agricoltura, con particolare riguardo ai neonicotinoidi (molecole impiegate per la concia del seme di mais).
Sulla necessità che l’impiego di insetticidi letali o sub letali per le api venga meglio regolamentato, la Federazione Apicoltori sottolinea l’urgenza di una applicazione degli articoli 1 e 4 della legge n. 313/2004 per la Disciplina dell’Apicoltura.
Se da un lato, infatti, lo Stato definisce l’apicoltura “attività di interesse nazionale”, la delega alle Regioni per l’adozione di limiti e divieti nell’impiego di prodotti tossici per le api ad oggi non è ancora stata recepita dalle amministrazioni regionali.
Nel perdurare dello stato di crisi in cui l’apicoltura versa, in carenza di concrete risposte in tal senso da parte delle istituzioni e degli agricoltori, gli apicoltori italiani non potranno esimersi dall’invocare il “principio di precauzione” attraverso il quale giungere alla sospensione, per almeno un biennio, dell’impiego di “imidacloprid”, il principio attivo ritenuto maggiore responsabile della mortalità degli alveari.