Sulla questione della nullità o annullabilità delle cartelle di pagamento che siano mancanti dell’indicazione del responsabile del procedimento, un’ordinanza della Corte Costituzionale ha rilevato come “l’obbligo imposto ai concessionari di indicare nelle cartelle di pagamento il responsabile del procedimento, lungi dall’essere un inutile adempimento, ha lo scopo di assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa, la piena informazione del cittadino (anche ai fini di eventuali azioni nei confronti del responsabile) e la garanzia del diritto di difesa.
Sulla scorta di questa decisione molti contribuenti hanno pensato di poter schivare molte tasse, ma non sarà facile. Il Ministero delle Finanze, cui vanno sicuramente riconosciuti molti meriti per i buoni risultati alla lotta all’evasione, questa volta probabilmente sotto la pressione degli “agenti della riscossione”, cioè le banche o società in cui le banche hanno un peso rilevante, ha approntato una estrema linea di difesa che costringerà molti ad estenuanti ricorsi.
Una linea di difesa che sicuramente sarà poco comprensibile per le persone di buon senso e che non è detto che troverà giudici compiacenti.
Motivi di perplessità, sul piano del rispetto del cittadino, cui sarebbe sempre meglio riservare un rispetto sostanziale e non solo formale, ma anche sul piano del rischio che molti ritengano le norme delle leggi solo un optional cui ci si può adeguare o no, vengono in primo luogo da quanto prevede l’articolo 7, comma 2, lettera a), della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente) per il quale “gli atti dell’amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione devono tassativamente indicare: l’ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all’atto notificato o comunicato e il responsabile del procedimento”.
Questo termine “tassativamente” è molte volte usato, infatti, in norme che impongono vincoli ed oneri ai cittadini e viene inteso finora, per fortuna di tutti ed in primo luogo del fisco, come un qualcosa di obbligatorio ed a cui non ci si può sottrarre.
Ora l’Agenzia delle entrate rischia in un colpo solo di distruggere questa convinzione e di indurre l’idea che le prescrizioni sono solo acqua fresca.
La “linea del Piave” delle Finanze poggia su tre punti:
1) I Tribunali amministrativi regionali, il Consiglio di Stato e la Corte di cassazione si sono espressi, su norme che non riguardano espressamente il problema, ma che in questo caso e solo in questo caso tornano utili, nel senso che la mancata indicazione del responsabile del procedimento non si configura come vizio invalidante dell’atto; “la mancata comunicazione del nominativo del responsabile del procedimento al soggetto interessato rappresenta una mera irregolarità, insuscettibile di determinare l’illegittimità dell’atto, alla quale peraltro è possibile supplire considerando responsabile del procedimento il funzionario preposto all’unità organizzativa competente”
2) In merito alla decisione della Corte Costituzionale, ordinanza n. 377 del 2007, l’agenzia delle entrate si appella alle Sezioni Unite della Corte di cassazione che, con sentenza n. 23016 del 17 maggio 2004, hanno affermato che “Le decisioni interpretative di rigetto della Corte Costituzionale non hanno efficacia erga omnes, a differenza di quelle dichiarative dell’illegittimità costituzionale di norme, e pertanto determinano solo un vincolo negativo per il giudice del procedimento in cui è stata sollevata la relativa questione.
In tutti gli altri casi il giudice conserva il potere-dovere di interpretare in piena autonomia le disposizioni di legge a norma dell’art. 101, comma 2, della Costituzione, purché ne dia una lettura costituzionalmente orientata, ancorché differente da quella indicata nella decisione interpretativa di rigetto”.
3) L’articolo 36, comma 4-ter, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, recante “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria”, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, dispone che: “La cartella di pagamento di cui all’articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, contiene, altresì, a pena di nullità, l’indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e di quello di emissione e di notificazione della stessa cartella. Le disposizioni di cui al periodo precedente si applicano ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1° giugno 2008; la mancata indicazione dei responsabili dei procedimenti nelle cartelle di pagamento relative a ruoli consegnati prima di tale data non è causa di nullità delle stesse”.
Ai più, comuni ed onesti cittadini che sono in soggezione anche di fronte alle divise di un portiere (e sono i più) una norma di tal genere sembrerrebbe, se non ci fosse l’ultimo periodo “salva esattori”, solo una riaffermazione del principio della “tassatività” della indicazione del nominativo del responsabile del procedimento.
Non così per l’agenzia delle entrate, promotrice del decreto, che più o meno ragiona cosi: se adesso (dal 1/7/2008) il nuovo decreto legge dice che la mancanza di cui sopra è sanzionata con la nullità allora vuol dire che prima tale nullità non c’era e tassativamente significa solo un bel nulla messo lì (ed altrove ragioneranno tutti) solo per spaventare gli sprovveduti “non azzeccagarbugli”.
Infatti la circolare del 6 marzo scorso invita tutti gli uffici a sostenere che “’indicazione del responsabile del procedimento nella cartella di pagamento contenuta nell’articolo 7, comma 2, lett. a), dello Statuto dei diritti del contribuente non era prevista a pena di nullità, non essendoci – prima dell’entrata in vigore del citato articolo 36, comma 4-ter, del decreto-legge n. 248 del 2007 – alcuna disposizione che sanzionasse l’omessa o incompleta indicazione del responsabile stesso”.
Saranno adesso i singoli giudici chiamati in causa dai contribuenti a decidere se il parere della Corte Costituzionale sia da condividere o sia solo acqua fresca. In entrambi i casi a perderci sicuramente sarà la lealtà dei comportamenti reciproci tra Stato e cittadini.