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Secondo un'indagine svolta in Umbria le donne che fanno questa scelta poi si impegnano ad apprendere pratiche anticoncezionali preventive e non ricadono in gravidanze indesiderate

Il tema è caldo in questo momento, ma una fotografia piccola in una città dell’Umbria può contribuire a capire perché ci sono gli aborti.
Il quotidiano on line di Orvieto riferisce che, in una realtà ove si sono praticate una novantina di aborti nell’ultimo anno (solo il 30% di residenti), le statistiche in mano al consultorio familiare, incrociate con quelle dell’ospedale Santa Maria della Stella, consentono di dipingere un identikit abbastanza definito delle utenti del servizio pubblico.
La donna media che ricorre all’aborto è: sposata, due figli, casalinga, d’età compresa tra i trenta e i trentacinque anni. Quindi sembrerebbe che il pensiero di dover avere un terzo figlio sia insostenibile.
Essendo giovane l’età delle donne, non pare che l’insostenibilità possa dipendere dalla stanchezza fisica. Qualcuno ritiene che sia il motivo economico alla base della scelta, altri che la donna non se la senta di “privarsi della propria libertà” ulteriormente dopo aver soddisfatto il desiderio materno nella fase più giovanile.
Sta di fatto che, qualsiasi siano le interpretazioni e le motivazioni, il risultato dello studio è una sorpresa.
Sorpresa per chi ama polemizzare anche il fatto che su 64 donne
che sono transitate nel consultorio, per farsi certificare dal servizio pubblico della legge 194 le condizioni per abortire, è tornata in consultorio, nel 2007, per la prevenzione, il 52% delle donne, oltre la metà dei casi. 

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