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Secondo l'assessore provinciale alla caccia i capi esistenti sono oltre 40 mila, nonostante che gli abbattimenti siano aumentati del 30%

Mentre in provincia di Perugia ci si interroga sulle migliaia (forse un milione per alcuni) di euro di carne di cinghiale regalata ai “volontari”che fanno le “battute”, senza spese, nelle aree riservate costituite da quelle di ripopolamento, in provincia di Terni sembra siano sommersi da questi animali.
Per l’assessore alla caccia della Provincia di Terni, Gianni Pelini, “le spese sostenute dalla Provincia per i risarcimenti relativi ai danni alle colture agricole, provocati dalla fauna selvatica, ed in particolare dai cinghiali, sono aumentate del 30%, gravando in maniera ormai difficilmente sostenibile sui bilanci della stessa amministrazione”.
Pelini – riferisce una nota dell’ente – ha chiesto alla Regione un’accelerazione dell’iter già avviato riguardante la legge regionale 23/96, aumentando così lo stanziamento di risorse a favore delle Province per far fronte alla sempre crescente richiesta proveniente dal mondo agricolo.
“Purtroppo – ha reso noto Pelini – le stime dell’anno scorso sulla numerosità dei cinghiali rispetto al territorio agro-silvo-pastorale (circa 40.000) non solo sono state confermate, ma vanno corrette al rialzo.
Lo confermano gli aumenti di oltre il 30% degli abbattimenti da parte delle squadre e delle denunce di risarcimento presentate dagli agricoltori”.
“Il problema – ha osservato l’assessore – non riguarda più soltanto le colture agricole, ma anche aree civili come giardini, recinzioni, impianti sportivi e tartuficoli”.

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