Condividi su facebook
Condividi su twitter
La "sindrome" denunciata dall'APAT richiede la messa in moto di vari rimedi, sollecitati in Consiglio regionale dal capogruppo dei Verdi

Oltre 33 mila alveari gestiti in Umbria da 1.633 apicoltori stanziali, soprattutto hobbistici e semiprofessionali sono a rischio estinzione. L’allarme viene dall’Apat (l’agenzia per la protezione dell’ambiente e del territorio).
Le perdite di alveari, finora segnalate e direttamente riconducibili alla “sindrome da collasso o spopolamento” fanno registrare quote variabili dal 30 al 50% del patrimonio apistico con alti tassi di approssimazione che risentono ancora, fortemente, della mancanza di una cultura del censimento degli alveari, delle fluttuazioni numeriche negli allevamenti e della conseguente difficoltà di classificazione di tali perdite dovute a precise cause, patologiche, ambientali o di altra natura.
Gli alveari di colpo si svuotano, la maggior parte delle api è assente e muore nei paraggi dell’alveare, nelle famiglie interessate al fenomeno restano poche api vive, con o senza regine, scorte di cibo e covata abbandonata.

L’emergenza in atto ha tuttavia favorito la messa a punto di un preliminare piano di monitoraggio che, nel ponderare le perdite dovute allo spopolamento degli alveari, ha consentito una prima valutazione del danno economico finora determinatosi.
Si parla, per il mondo intero quindi di 1 miliardo circa di euro/anno di perdite economiche globali; di queste 20milioni/euro/anno interessano gli Stati Uniti d’America, 70 milioni/euro/anno la Cina, 500 milioni/euro/anno l’Europa e secondo una stima forse troppo pessimistica 40 milioni/euro/anno l’Italia. Sono esclusi, però, da questo computo, i danni conseguenti la mancata impollinazione entomofila delle api alle principali colture agricole.
Tanto per avere un’idea, ciascun alveare concorre, esclusi i benefìci alla biodiversità, per circa 1.200 euro/anno di incremento produttivo alle colture agricole.
L’uomo ha compromesso, con una lunga lista di “interferenze”, gli equilibri dell’ecosistema alveare.
La moderna e intensiva conduzione apistica rappresenta dunque un primo fattore di stress che ha minato le sorti delle famiglie di api.

Le malattie, Varroa in primo luogo e Nosema nella variante asiatica del Ceranae, costituiscono un secondo e gravissimo fattore critico
.
La terza criticità include l’uso indiscriminato di pesticidi, pratiche apistiche irregolari, scarse condizioni igieniche, eccesso di nutrizione artificiale. L’accumulo e l’interazione, inoltre, di molecole impiegate per la cura delle malattie, produce inquinamento della cera e tempesta chimica negli alveari; l’attuazione empirica di trattamenti indebolisce le difese immunitarie delle api; le nutrizioni artificiali con zuccheri di nuova generazione ad alto indice di HMF deteriorano l’apparato digerente delle operaie; il decremento della biodiversità vegetale riduce drasticamente il valore proteico e la disponibilità dei pollini indispensabili alla covata; le importazioni incontrollate di api regine e api vive determinano l’irreversibile ibridazione delle razze autoctone e la diffusione di malattie esotiche; inquinamento ambientale e mutazioni climatiche sono fattori che complicano ulteriormente il quadro generale.
Radiazioni elettromagnetiche e coltivazioni geneticamente modificate appaiono, ragionevolmente, come cause del tutto marginali se non addirittura irrilevanti in relazione allo spopolamento degli alveari.

Per questo il capogruppo, nel Consiglio regionale dell’Umbria dei Verdi e Civici Oliviero Dottorini ha chiesto di conoscere “quali misure sono state messe in campo per difendere il patrimonio umbro e se non sia indispensabile mettere in atto misure straordinarie, quali un’assistenza tecnica capillare verso i produttori e l’emissione di specifiche ordinanze per vietare l’uso di pesticidi o fitofarmaci almeno nelle vicinanze degli alveari. Tutto ciò, al fine di salvaguardare gli ecosistemi, garantendo così anche produzioni biologiche sane e di qualità”.

condividi su:

Condividi su facebook
Condividi su twitter