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Sulla "soluzione finale" del ciclo dei rifiuti, di fatto, in Umbria si sono ritrovati tutti d'accordo: la parola termovalorizzazione è una bestemmia

L’ultimo passo è stato quello di proporre la cancellazione del termine  “termovalorizzazione”.
Per il capogruppo Pd al consiglio provinciale di Terni dovrebbe essere chiamato più “opportunamente incenerimento”
.
Ed oggi al Consiglio regionale di Perugia nessuno più avrà il coraggio di parlare di chiudere il ciclo dei rifiuti con quei “forni crematori” che tanti problemi stanno dando all’Amministrazione comunale di Terni, ma non solo.
Solo pochi ancora i sostenitori di una tecnologia che appare sempre più superata: gli ambienti perugini che ne vorrebbero una vicino all’ospedale Silvestrini e gli emuli, secondo la stampa, tuderti che, per non essere da meno, ne vorrebbero una nei pressi dell’Ospedale comprensoriale di Pantalla.
Due voci isolate che presto verranno sommerse dalla probabilità unanimità sul punto tra centrodestra e centrosinistra nell’assemblea regionale.

Nel ricompattamento della maggioranza, prima, e della minoranza, probabilmente oggi, salvo gli inevitabili distinguo per salvaguardare la visibilità politica, su un programma che punta al miglioramento della fase iniziale e intermedia del ciclo dei rifiuti non è stato certamente estraneo il documento nazionale elaborato dal Partito Democratico.
Per i parlamentari del partito di Veltroni , ”è necessario che le Regioni vedano le fonti pulite come un’opportunità” e quindi la trasformazione dei rifiuti in energia, ma anche in inquinanti ambientali, tramonta anche come soluzione energetica.
Al di là della contestazione dei numeri da parte umbra, i dati Apat segnano per l’Umbria un risultato negativo per la quantità di rifiuti prodotti annualmente pro capite (per l’Apat 661, per la Regione 602) che la colloca al 3° posto o poco più giù se l’errore di conteggio dovesse risultare solo a danno della nostra regione. Cosa improbabile visto che le “correzioni umbre” – calcolare i presenti e non solo i residenti – potrebbero peggiorare ancor più la posizione nella graduatoria nazionale.
Non troppo migliore anche il dato della raccolta nazionale con il “cuore verde d’Italia” ben lontano dai dati del Trentino – Alto Adige (in Umbria si raggiunge a stento un risultato che è metà di quello migliore in Italia).
Paradossalmente questi risultati non esaltanti, spalancano una prateria davanti ai Comuni umbri per correre verso un ciclo dei rifiuti meno sporco.

Tra tre o quattro anni, se i programmi che il Consiglio Regionale si accinge oggi a varare saranno perseguiti, la situazione sarà radicalmente cambiata: da interrare nelle discariche o da distruggere ci sarà la metà dei rifiuti attuali e nel frattempo saranno state collaudate anche le soluzioni alternative all’incenerimento che la scienza e l’industria stanno portando avanti in tutto il mondo.
Ai nuovi metodi per distruggere i rifiuti, di cui abbiamo già data notizia, se ne aggiunge uno nuovo.
Scienziati australiani hanno messo a punto un trattamento che trasforma rifiuti come carta e residui vegetali in un biocarburante stabile, sostitutivo del petrolio, che chiamano bio-greggio.
Il metodo, sviluppato dall’ente nazionale di ricerca Csiro e dall’università Monash di Melbourne, consente di produrre bio-greggio sul posto, in depositi di raccolta differenziata della carta o in segherie, e di trasportarlo in autocisterne ad una raffineria, per essere trasformato in sostituto della benzina, usato per produrre polimeri, o altri materiali di alto valore.
Una volta commercializzato con successo, il trattamento potrà ridurre in misura massiccia i rifiuti diretti alle discariche, ed aiutare l’industria dei biocarburanti a prevalere nel dibattito cibo contro biocarburanti. La maggior parte di questi sono infatti ricavati da raccolti come mais e zucchero, e molti vi si oppongono, paventando il rincaro dei prezzi di alimentari e la carestia fra i più poveri.
Il trattamento è stato messo a punto nell’arco di 18 mesi e la svolta decisiva è stata la produzione di un bio-greggio stabile abbastanza da essere trasportato e immagazzinato, ha spiegato alla stampa Steven Loffler della sezione bioscienze forestali del Csiro. Finora, il bio-greggio prodotto da rifiuti si disintegrava rapidamente, diventando inutilizzabile.

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