Un mondo perduto. Perduto sì, ma non disperso e neppure dimenticato. E questo soltanto grazie all’ammirevole impegno e alla passione quasi morbosa di un privato che ha dedicato una parte della sua esistenza a rintracciare, recuperare e sistemare oggetti ed attrezzi della civiltà rurale, dando corpo ad una raccolta che ha la capacità, tanto è ricca e straordinaria, di funzionare alla stregua di una macchina del tempo che riporta chi vi entra indietro verso un passato prossimo eppure ormai lontanissimo, quello della vita contadina nelle nostre campagne.
E’ soprattutto ai giovani che è dedicato questo lavoro trentennale di Tersilio Foglietti, tenace tuderte fortemente legato al lavoro della terra, fondatore del Museo della Civiltà Contadina. Inaugurato nel 1987, l’esposizione ha trovato spazio in un ampio capannone nella zona di Bodoglie, dove con una sapienza ed una dedizione non comune Foglietti ha ricostruito alcuni ambienti tipici della casa colonica ed esposto al contempo migliaia di oggetti ed utensili, salvati dall’oblio e probabilmente anche da sicura distruzione.
La collezione, dedicata al figlio Leonardo prematuramente scomparso all’età di dieci anni, rappresenta un enorme patrimonio di pezzi la cui datazione va dall’Ottocento fino all’immediato dopoguerra.
Volendo ripercorrere in una immaginaria visita guidata la casa dei contadini di un tempo, si può partire proprio dalla cucina, fulcro di tutte le attività, ricostruita in maniera così fedele da sembrare tuttora abitata. Qui accanto alla credenza ricolma di pignatte, macchine da caffé e da orzo di ogni epoca, pentole di rame e alluminio, si può ammirare la madia, luogo di lievitazione e conservazione del pane, e la battilarda, realizzata come un comodino e utilizzata per la preparazione dell’unico condimento di un tempo costituito da lardo battuto con aglio e altre erbe aromatiche.
Vicino al focolare è possibile osservare anche alcuni strumenti utili alla filatura della lana grezza ricavata dalle pecore e lavorata dalle donne tramite i fusi e le conocchie. Perfettamente ricostruito anche un telaio in legno ancora funzionante e che rappresentava un tempo l’unico mezzo utile alla realizzazione della biancheria.
Camminando verso la camera da letto, si scopre la semplicità tipica del letto in ferro battuto sul quale poggiava un pagliericcio realizzato con foglie di granoturco, una credenza a muro, un lavandino di ceramica poggiato su un trespolo in ferro, il comò ed il baule nel quale si riponeva l’intero corredo della donna.
Di particolare interesse la zona cantina, che Tersilio Foglietti ha attrezzato con torchi, bigonce, tini per l’ebollizione dell’uva, botti di ogni dimensione, con alcuni pezzi talmente rari da essere spesso oggetto di prestiti per importanti manifestazioni.
Proseguendo all’interno del museo, del quale è impossibile elencare tutti gli attrezzi che occupano ogni angolo (rastrelli, forche, zappe, falci, mole, canestri, bilance…) sembra di respirare anche l’aria di fatica, sudore e sacrifici che contraddistingueva la vita dei campi.
In perfetto stato di conservazione anche gli strumenti di lavoro agricolo più grandi, come trattori di diverse epoche ancora in funzione, un’antica mietitrebbia, carri, giochi, motofalci, morgani, aratri ad uomo e ad animale, con ruota o senza, in ferro e legno.
Ricostruiti anche alcuni ambienti di lavoro artigianale, spesso presente presso i contadini che si arrangiavano anche in queste professioni nelle fredde giornate d’inverno. Immancabile era per esempio il corredo del ciabattino, costituito da subbia, lesina, piede di ferro, raspa, lima con le quali confezionare gli “zocchi” per i membri della famiglia o riparare le calzature.
Molto diffusi anche gli strumenti del fabbro (morsa da tavolo, martellina per saldatrice, pinze, incudine, forgia), del maniscalco, che provvedeva alla ferratura degli animali da lavoro e da traino, o del falegname, che costruiva botti, bigonci, forche, tregge utili al lavoro nei campi.
Uno spazio è pure dedicato ai giochi dei bambini del passato, dove sono presenti antichi dondoli, cavallini, trottole e carriole in legno.
Muovendosi attraverso gli arnesi arrugginiti dal tempo ospitati nel museo della civiltà contadina di Todi si riscopre un mondo in cui le macchine non avevano ancora sostituito del tutto la manualità e dove ogni azione si faceva più lentamente di oggi ma con minore solitudine, in quei campi dove tante donne, uomini e bambini svolgevano un lavoro spesso duro, a volte spietato, che non si può far sbiadire nella nebbia dei ricordi.