Sarà stato che ha prevalso l’idea di “battere il ferro quando è ancora caldo”, oppure di cercare di calmare qualcuno che sembra aver perso il sonno, ovvero che non se ne poteva più di subire le ironie e i sospetti, oppure, infine, tutto era pronto e si aspettava solo l’occasione.
Quale che sia stata la dinamica precedente, la maggioranza del centrosinistra che governa l’Umbria ha preso all’unisono a ballare il “saltarello umbro”, ovvero il ballo del ’45, dichiarando di preferirlo alla “tarantella napoletana” del ’07.
L’oggetto intorno a cui molti si vanno agitando è la famigerata “termovalorizzazione” dei rifiuti che si muove sulla base di un principio economico inconfutabile: più brucio e più guadagno e per bruciare di più è meglio che raccolgo di più rifiuti indifferenziati che rifiuti da riciclare.
Che poi i nostri ballerini popolari sentano la musica è ancora da dimostrare, anzi c’è proprio da dimostrare che sentano ovvero abbiano sentito e ricordino che in quel d’Orvieto “con assenze assordanti” ha avuto luogo un convegno che non era altro che la relazione su quanto in tema di rifiuti è avvenuto e sta avvenendo in una zona a popolazione diffusa.
Nel Trevigiano (il consorzio Priula: 23 comuni di 219 mila abitanti e 85.500 famiglie e circa 10 mila aziende) la raccolta differenziata è balzata dal 27,18% del 2000 al 75,63% del 2005. Nello stesso periodo la quantità di rifiuti “alla rinfusa” prodotti da ciascun abitante è scesa da 321 a 89 annui. Tutto ciò con un aumento della tariffa media per famiglia, dal 2001 al 2006 di poco più di 4 euro annui, di molto inferiore al tasso inflativo, perché già nel 2000 la raccolta porta a porta richiedeva un costo operativo di soli 74 euro (con 156 occupati), contro gli oltre 91 ad abitante richiesti dalla raccolta coi cassonetti stradali (con 86 occupati).
Un dispaccio Ansa comunica che “gli abitanti dei 23 comuni trevigiani che aderiscono al consorzio Priula sono stati in grado, nel 2006, di differenziare i rifiuti solidi prodotti nelle loro case per oltre il 75% del peso.
Lo rende noto la stessa azienda intercomunale precisando che la componente non riciclabile, cioè quella da smaltire attraverso i metodi tradizionali e che determina sostanzialmente i costi del servizio e le tariffe in bolletta, è scesa a 85 kg pro capite, quattro chilogrammi in meno rispetto all’anno precedente. All’inizio del servizio, nel 2004, il peso del materiale destinato alla discarica era di 321 kg.
Complessivamente sarebbe stata notata anche una riduzione della produzione di rifiuti, passati dai 441 kg pro capite del 2000 ai 368 del 2006. Cinque dei 23 comuni, aggiunge inoltre il Consorzio, hanno superato l’80% di raccolta di materiale riciclabile”.
Indubbiamente un bel salto, veramente di qualità, che forse ha il solo torto di venire da una zona politicamente troppo verde per essere apprezzata da chi il verde ce l’ha veramente e si appresta a “pistarlo” tutto.