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In Umbria il senatore Ronconi vede e rilancia la proposta della Lorenzetti, ma l'ampiamento delle problematiche allontana la soluzione del problema costituito dal crescere dell'antipolitica

Forse l’opinione espressa dalla Lorenzetti sulla opportunità di rinunciare all’aumento, stabilito dallo Statuto regionale dell’Umbria, a sei nuovi consiglieri nella prossima legislatura sarà stata di parte e strumentale.
Ma la maggior parte dei cittadini l’ha vista come un tentativo, seppur personale, di ricondurre l’idea della politica a “servizio” alla comunità. A diminuire l’impressione, nella pubblica opinione, che i partiti pensino in primo luogo alla loro sopravvivenza ed al loro sviluppo, processo nel quale i benefici per la comunità sono solo eventuali.
Questo obiettivo sembra però tramontato nell’arco di poche ore, travolto dalla durezza della risposta di quello che pareva potere essere un interlocutore valido sulla scena regionale.
Si sa che il miglior modo per troncare una discussione è quello di alzare la posta ed introdurre nuovi elementi di discussione e di contrasto, non per interessi generali, ma solo a tutela delle organizzazioni politiche, quasi a voler dar ragione allo slogan per cui “quello che sta bene ai partiti, sta bene per l’Umbria” e non quello contrario.
Questo ha fatto il vicecapogruppo Udc alla Camera, Maurizio Ronconi, il quale ha annunciato che il suo partito “andrà davvero a vedere le carte dichiarandosi disponibile ad una revisione dello statuto e anche del numero dei consiglieri a patto che gli assessori siano scelti esclusivamente tra gli eletti”.
Ed a rincarare la dose: “altra condizione irrinunciabile, una nuova legge elettorale che ponga il limite massimo, così come è per i sindaci, di due mandati per il Presidente della Giunta”.
Come dire:Um c’è qualche decennio di discussioni da fare e la riduzione dei consiglieri può attendere.

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