Condividi su facebook
Condividi su twitter
La vicenda delle cartelle ICI è la conseguenza collaterale di una politica urbanistica e di gestione del territorio che conosce una sola strada di crescita: quella del cemento

C’è un’importante questione politica e sociale dietro lo “scandalo” delle cartelle Ici che ha agitato e sta agitando le festività di molti cittadini di Todi.
Il mondo politico, seppure con il suo consueto ritardo, rompe il silenzio natalizio e, come è solito fare, sfiora il problema invece di aprirlo per vedere cosa c’è dentro. Mostra di occuparsene, ma parla d’altro. O meglio, parla della superficie, e non ha il coraggio di affrontare la questione in profondità. Si occupa delle conseguenze senza discutere le cause.
Ora, è legittimo che ciò che importa di più ai contribuenti in questo momento sia risolvere il loro problema concreto, immediato. Ed è giusto che gli amministratori si occupino anche di questo.
Due amministrazioni comunali consecutive, e per giunta di segno politico opposto, hanno innescato un pasticciaccio a catena che ha portato agli antipatici risultati che abbiamo sotto gli occhi. Ma il compito della politica sarebbe soprattutto quello di rintracciare e districare i nodi che sono a monte di questa brutta storia. E il nodo qui è tutto politico, e tanto più profondamente politico proprio in quanto economico.
Se si risale la catena degli errori tecnici, infatti, ci si ritrova faccia a faccia con una delle insufficienze croniche della politica del nuovo millennio, ovvero la sua incapacità di arginare l’onnipotenza dell’economia. L’impossibilità della politica di opporsi alle logiche di alcuni gruppi di potere per difendere gli interessi dei cittadini, della collettività.

Alla sorgente delle cartelle “impazzite” c’è una sconsiderata politica urbanistica e di gestione del territorio. Il Piano Regolatore Generale è, nella sua sostanza, una febbrile e apparentemente illogica opera di ridefinizione del territorio finalizzata a ricavare la maggiore estensione possibile di zone edificabili.
Già prima di questi ultimi sviluppi non era difficile immaginare a vantaggio di quali settori della società potesse andare una politica di edificabilità, se non selvaggia, quantomeno molto aggressiva.
Con le cartelle Ici di Natale il problema si è prepotentemente imposto all’attenzione di tutti: la bufera che il Piano Regolatore ha agitato sul nostro territorio per scompaginare le carte e regalare terreni edificabili a chi ne aveva bisogno, si è ripercossa contro quei cittadini che si sono ritrovati senza volerlo nel vortice dell’edificabilità.
Per citare una delle lettere dei cittadini neopossessori di terreni edificabili, i tuderti sono stati costretti a subire, oltre al danno della ferita della speculazione edilizia che sta martoriando il territorio (e peggio verrà!), la beffa di dover pagare contributi se non indebiti comunque imprevisti.
Certo si parla qui di alcuni cittadini, perché gli altri, quelli per cui l’edificabilità non è stata una sgradita sorpresa, ma un regalo atteso e magari sollecitato, non si lamentano di certo (o almeno dovrebbero avere la decenza di non lamentarsi) e si rifanno dell’Ici pagata grazie ad altri e ben più lucrosi affari.

Dopo aver risolto quindi i problemi dei cittadini beffati da un Piano Regolatore che, a beneficio dei soliti notissimi ignoti, ha ridisegnato indiscriminatamente la mappa territoriale del comune di Todi, i politici dovrebbero porsi e porre delle domande fondamentali.
Dovrebbero chiedersi se un territorio a vocazione turistica, che vanta una proverbiale ricchezza ambientale e paesaggistica (qualcuno ricorderà “il cuore verde d’Italia”, oppure “la città più vivibile del mondo”) può gettarsi appassionatamente tra le braccia della speculazione edilizia.
Dovrebbero chiedersi se il mito della “crescita economica”, cui indubbiamente contribuisce una vivace attività edilizia, abbia realmente e in modo diffuso ricadute positive sulla comunità e sugli individui, se migliora veramente le condizioni di vita di tutti oppure soltanto i conti correnti di pochi, mentre agli altri ruba spazio, prati, aria, sole.
E per chi non ama la poesia e non si perde dietro a sciocchezze come l’aria e il sole, ecco un argomento prosastico: non c’è solo da opporre l’economia alla vita (come qui si è già fatto in altre occasioni), ma anche un tipo di economia ad un altro tipo di economia.
Perché i soldi facili e veloci che si fanno col cemento distruggono la possibilità di fare altri soldi, magari non sporchi non maledetti e non subito, mediante la valorizzazione dei beni paesaggistici e quindi il potenziamento delle attività turistiche.
E’ paradossale che nella regione dell’agriturismo, dove un romano o un milanese arrivano per incantarsi davanti allo spettacolo per loro inedito di un campo di girasoli, un Piano Regolatore preveda la conversione proprio di quel campo di girasoli in terreno edificabile.

Il problema è politico e investe entrambe le ultime due Amministrazioni della nostra città. Quella di centrosinistra che ha ideato, approvato e messo in atto un Piano Regolatore contrario non solo a qualunque logica politica che voglia definirsi “di sinistra” (solo qualche romantico passatista ormai fa caso a queste incoerenze), ma contrario anche alla storia e alla cultura del nostro territorio, e, come si vede in questi giorni, nocivo per gli interessi dei singoli cittadini.
Le responsabilità oggettive del centrosinistra, che hanno a che fare anche con la sua identità politica, con il suo passato recente e con le prospettive per il suo futuro immediato, non possono tuttavia occultare dei limiti nella gestione della faccenda da parte dell’Amministrazione in carica.
Invece di cercare una discontinuità tutta estetica rispetto al passato governo, il centrodestra avrebbe potuto far cominciare la nuova era proprio a partire da un punto fondamentale come quello delle politiche territoriali.
Invece di denunciare e correggere gli errori della passata Amministrazione, invece di voltare pagina e approfittare del problema per imprimere una direzione nuova alla politica urbanistica della città, l’Amministrazione di centrodestra sembra essersi limitata meramente a monetizzare le malefatte dei predecessori, rischiando di incorrere in una marea di ricorsi.
E stupisce che chi tanto si è speso per denunciare la cattiva gestione del demanio pubblico, che chi è arrivato quasi all’accanimento personale contro gli esponenti dell’establishment “rosso”, ora, per un malinteso spirito di coalizione, richiami all’ordine gli alleati che rilevano la scorrettezza dell’operato dell’attuale Amministrazione.

Sotto questo aspetto l’inquietante continuità sotterranea tra le due ultime Amministrazioni della nostra città emerge inaspettatamente come un fiume carsico che torna a scorrere in superficie, e sembra confermare l’idea che quella dei blocchi contrapposti è una rappresentazione inadeguata della scena politica locale e nazionale.
La Marini ha preparato le ingiunzioni di pagamento lasciandole nel cassetto della scrivania, Ruggiano le ha tirate fuori e le ha spedite ai cittadini (con buona pace di chi dai cassetti voleva tirare fuori solo scheletri da seppellire).
Intanto un cantiere dopo l’altro i costruttori continuano a mettere “le mani sulla città”, tanto per evocare il famoso film di Francesco Rosi che affronta proprio il problema della speculazione edilizia nell’Italia democristiana. Documento memorabile di un passato che non passa.

condividi su:

Condividi su facebook
Condividi su twitter