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L'elemento prezzo è quello che più determina le scelte per il consumo degli alimentari

La grande distribuzione organizzata (gdo), canale che aggrega le grandi superfici, i discount e i liberi servizi, ha raggiunto nel 2006 una quota di mercato complessiva del 77%, riferita alla sola spesa domestica alimentare, toccando punte dell’88% per bevande e grocery (prodotti confezionati di largo consumo).  E’ quanto emerge dallo studio Ismea-Acnielsen Homescan.
L’evoluzione della domanda nel medio periodo – sottolinea l’Ismea – ha invece penalizzato sensibilmente il dettaglio tradizionale nella forma fissa, che l’anno scorso si è attestato su una quota inferiore al 15%, determinando perdite, anche se meno rilevanti, per il canale ambulanti/mercati rionali, la cui incidenza in rapporto alla spesa complessiva delle famiglie italiane raggiunge attualmente il 3,7%.
Lo scenario – precisa l’Ismea – mostra l’esistenza di un doppio binario dei consumi: quello della “old generation”, orientato prevalentemente verso i prodotti cosiddetti maturi, e quello dei giovani che prediligono gli alimenti salutistici e/o a maggiore contenuto di servizi, come  i cibi preparati o semipronti.
Il rafforzamento della gdo, pressochè costante in questi ultimi anni – spiega l’Ismea – si è registrato di pari passo allo sviluppo di linee di prodotti cosiddette di primo prezzo (le più economiche) e all’incremento della quota del private label, il marchio del distributore, che confermano, comunque, la forte attenzione dei consumatori italiani anche al prezzo.

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