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Ad Orvieto rilevato un tasso di divorzio doppio rispetto alle coppie di soli italiani: si avanza il sospetto che possano trattarsi di unioni di comodo

Il matrimonio interculturale, cioè tra italiani e stranieri, non è ancora un fenomeno diffuso in Umbria, ma la separazione ed il divorzio di coppie miste sembrerebbe quasi una regola se i dati diffusi dal quotidiano on line di Orvieto (Orvietosi) sono attendibili.
Sulla Rupe, i matrimoni di un italiano con un’immigrata, solitamente russa o moldava, sono stati, su 562 nozze cosiddette “normali”, 35. Il 6,2% delle coppie, dunque.
Il numero più alto di matrimoni si è registrato nel 2006 con 8 Sì pronunciati in sede civile e 6 con rito religioso. Il 6,5 per cento, quindi, rispetto alle unioni con entrambi i coniugi di nazionalità italiana che, nello stesso anno, sono stati 218.
Anche nel 2007, il trend dei matrimoni misti, per una percentuale del 7%, è stato più che buono. In totale sono state 13, su complessive 172 unioni, le fedi al dito, di cui 7 in municipio e 6 in chiesa. Nel 2005, invece, in tutto, i matrimoni misti, su 172 normali, sono stati 9, tutti celebrati secondo il rito civile.
Purtroppo il valore percentuale dei divorzi e delle separazioni si aggira attorno all’80-90%. Solamente il 10% dei matrimoni misti, dunque, riesce a resistere e a superare le differenze culturali.
La prassi vuole, infatti, che dopo uno, massimo due mesi, sono tutti dal giudice per farsi annullare il matrimonio”. In pratica una coppia mista su tre si separa e il tasso di divorzio è circa il doppio rispetto a quello in cui entrambe le parti sono di nazionalità italiana.
“L’indice di fallimento di questi matrimoni, comunque, sembra suggerire – al quotidiano orvietano – il fatto che molte coppie non siano all’altezza della sfida del rapporto interculturale. Mentre ampia prevalenza di acquisizioni della cittadinanza italiana per effetto del matrimonio potrebbe in ogni caso, dare adito, sebbene questo meccanismo non trovi conferma nei controlli delle forze dell’ordine, al sospetto che talvolta possa trattarsi di matrimoni di comodo, favoriti da un periodo di residenza necessario molto esiguo (appena sei mesi)”.

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