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Cronache d'epoca, marzo 1889, monti di Massa Martana: una strana vicenda a confine tra liti fra cacciatori, discordie fra clan rivali o semplice litigiosità massetana

Camminano con passo svelto ma non troppo il brigadiere Filippetti e il carabiniere sulla montagna di Massa Martana, versante che guarda verso Spoleto, in località La Troscia. Non vogliono perdere d’occhio i due individui che seguono ma non vogliono neanche farsi vedere. D’altra parte Francesco Orsini e Jafet Galanti, almeno sono questi gli uomini che i carabinieri vogliono seguire e, seppure da lontano, sembrano proprio loro, sono intenti a chiacchierare, ognuno imbraccia un fucile, mentre un cagnolino dal pelo rossastro gli trotterella vicino.
Orsini e Galanti fanno per entrare in un capanno per la posta alle palombe, ma, scoperto che è già occupato da due cacciatori, tornano indietro e, aggirata la pozza vicino al capanno, proseguono senza voltarsi. I carabinieri temendo di essere scoperti si nascondono. Aspettano un’ora prima di prendere la strada del capanno, che circondano: ma quando intimano agli occupanti di uscire si trovano davanti i fratelli Saveri, calzolai di Colpetrazzo, anzichè i due che cercano.
I Saveri, muniti di porto d’armi, sono in regola. Però raccontano d’aver visto passare anch’essi Jafet Galanti, proprietario terriero con casa in località Raggio di Colpetrazzo e Francesco Orsini, soprannominato Emiliano, proprietario terriero abitante in località Ponte. E’ quest’ultimo, intuizione dei regi uomini dell’Arma, o provvidenziale soffiata, a essere nel mirino della legge. Il sospetto è che si sia macchiato di porto d’arma da fuoco senza licenza, reato che forse oggi è quasi cosa da niente, ma in quel giorno di marzo 1889, il 24 per la precisione, non è poi tanto leggero.
Orsini e Galanti sembrano essersi volatilizzati. Ai carabinieri non resta che andare a casa di Orsini. La moglie, Filomena Ursini, apre la porta, e, senza far entrare i carabinieri, comunica che il marito non è in casa, essendosi recato per affari ad Acquasparta. Ma sulla soglia appare un cagnolino, che, sebbene sporco di fango e con il pelo arruffato, pare proprio quello che era sulla montagna assieme agli uomini che tanto assomigliavano a Galanti e a Orsini.
Non solo: i carabinieri sbirciano e vedono un fucile appoggiato in un angolo. Sequestrano il fucile e fanno qualche domanda sul cagnolino: la donna ammette che sì, era con Galanti, ma solo perchè si era accodato al suo cane. I carabinieri hanno quanto basta per fare a Francesco Orsini una contravvenzione per porto d’armi senza licenza.
E tutto finirebbe qui se Orsini non negasse l’evidenza dicendo: “La mattina del 24 marzo andavo non a caccia ma a Spoleto a far riparare la mia arma che era rotta, per strada incontrai Galanti e cominciammo a camminare insieme, ma poi il tempo minacciava e tornai indietro”. Un fucile, precisa, a una sola canna, con la fascetta rotta. Galanti conferma. Ma Primo Saveri afferma: “Orsini e Galanti erano entrambi armati di fucile a due canne, ossia di doppietta. Ai primi d’aprile essendo andato con mio fratello Sabatino a restituire a Galanti un palombaccio che ci aveva prestato, il Galanti disse a me e a mio fratello: ‘Bisognerebbe vedere di accomodare questa contravvenzione fatta a Orsini. Per voi altri ci sarebbe un regalo di 15 lire’, e siccome risposi ‘E come crederesti tu d’accomodarlo?’ lui disse ‘Dovreste dire che Orsini quella mattina portava un bastone e non un fucile’, al che replicai ‘Dillo te se vuoi, ma non mi vendo nè per 15 lire nè per niente’, conclude”.
Ma poi aggiunge: “Io credo che Galanti si sia preso tanta premura per salvare Francesco Orsini perchè essendo stato lui, come si dice, che abbia invitato Orsini ad andare caccia, poteva temere che l’Orsini credendo che esso Galanti l’avesse compromesso se ne fosse voluto vendicare, tanto più che l’Orsini Francesco è creduto un uomo un poco sentito”. Sabatino Saveri conferma.
Per Jafet Galanti scatta subito la denuncia per falsa testimonianza. Galanti si difende come può, ammettendo e ritrattando, ma la legge va avanti inesorabile. Dirà Alessio Fiorelli, 54, possidente di Colpetrazzo: “Più volte i fratelli Saveri mi hanno raccontato che Orsini portava una doppietta e non un fucile rotto”. E il brigadiere aggiunge: “Fiorelli mi disse che spesso Orsini l’aveva minacciato come testimone. Ritengo che la verità è che Galanti abbia deposto il falso in favore dell’Orsini Francesco per minacce fattegli dallo stesso Orsini, il quale in tutto il paese di Massa Martana è conosciuto uomo capace di incutere timore”.
Ma è sempre il brigadiere a dichiarare: “Solo dopo dalla voce pubblica seppi che la mattina del 24 Galanti era stato a casa dell’Orsini per invitarlo a caccia. A Massa si dice che Galanti prima ha voluto compromettere Orsini, poi l’ha voluto coprire per paura”. E Fiorelli precisa: “Le minacce mi furono fatte 3 o 4 anni fa, quando i regi carabinieri fecero contravvenzione per porto d’arma senza licenza a me e ai fratelli Saveri di Colpetrazzo e tra i testimoni d’accusa vi era anche Mario Orsini, figlio di Francesco. Allora fu nostra persuasione che Galanti si fosse fatto spia per i carabinieri. Questa persuasione divenne certezza perchè ebbi in proposito intime confidenze”.
E ancora aggiunge Primo Saveri: “Un giorno prima della causa stando sulla piazza di Massa con diverse persone tra le quali Domenico Mottini, detto Menghino, egli espresse il desiderio che si potesse accomodare la causa e che se l’avessimo fatto mio fratello e io potevamo guadagnare anche 50 lire”. Testimonia Lucia Proietti in Ruggeri, contadina del Galanti: “Il 26 marzo mentre andavo a Todi con mia suocera Luisa Ruggeri incontrammo Mario Orsini, figlio di Francesco. Gli chiedemmo come fosse andata la causa e lui rispose: ‘Ancora non se ne fa nulla. Badi bene, Badi bene’, e credo alludesse a Galanti”. Luisa Ruggeri conferma.
Di Orsini del resto scrivono le autorità: “E’ incurante del decoro suo e della famiglia e sperperò gran parte dei beni, in paese lo chiamano birbone”. Jafet Galanti: “Francesco mi minacciò alla fontana di Raggio, in località detta la Cupa. Mi disse: “Se tu mi fai pagare i quattrini della contravvenzione la strada di Perugia non la rifarai”.
Orsini accusa Galanti di avergli teso una trappola: “Sei tu che hai avvisato i carabinieri, per questa volta me l’hai fatta”, ma Galanti nega, e insiste: “Prima dell’udienza stavo in piazza a Todi con Luigi Boschi di Pian di San Martino; Orsini mi si avvicinò a dirmi che dovevo dire che stava portando il fucile a Spoleto a riparare. Ma io risposi che lui e i Saveri mi avevano tradito e che erano tre birrichini”. E Orsini di rimando: “Non ho indotto Galanti a deporre il falso. Inoltre mi risulta che i Saveri alle proposte di Galanti risposero: ‘E che ci abbiamo la faccia tua?’ Questo i Saveri l’hanno raccontato a Fidenzio Sforza e a Ulisse Baglioni”.
La vicenda si trascina fino al 1893, quando Jafet Galanti viene condannato a 3 mesi di carcere per falsa testimonianza. Ma rimane la curiosità di capire i retroscena della vicenda: liti tra cacciatori? discordie e rivalità tra clan diversi? o semplicemente la litigiosità dei massetani, proverbiale un tempo anche nei dintorni e ora, forse ma non certamente, cancellata dai costumi che cambiano e dalla globalizzazione?

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