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Alla illegalità dei comportamenti degli extracomunitari si contrappongono quelli delle imprese italiane che li fanno lavorare "a nero" in massa

Il problema attuale dei “rumeni” in Italia ha delle origini che non bisogna far finta di ignorare.
Sembrerebbe, infatti, che l’illegalità dei comportamenti degli immigrati sia legata dalla diffusa irregolarità dei comportamenti di parte delle imprese edili italiane, che li usano come forza lavoro clandestina e, perciò, a basso costo.  Se non ci fosse chi ne trae vantaggio economico forse, se non probabilmente, l’immigrazione sarebbe più contenuta.
Peraltro, nei lavoratori in nero, che vivono in un Paese conosciuto solo tramite la Tv, potrebbe ben nascere la convinzione che, se l’illegalità è praticata dalle elite economiche italiane, c’è poco motivo perché la loro non debba essere tollerata. L’esempio, buono o cattivo che sia, ha una forte forza “educativa”.
Quindi gli “educatori” hanno da rimproverare in primo luogo se stessi, se l’insegnamento cattivo viene acquisito e messo in pratica, con gli allievi che superano i maestri.

I 2.672 provvedimenti di sospensione di aziende operanti nei cantieri, adottati dagli ispettori del ministero del Lavoro nel periodo agosto 2006-settembre 2007, per la presenza di lavoratori in nero, hanno riguardato in misura sostanziosa cittadini romeni.
Complessivamente sono emersi 175.742 lavoratori in precedenza totalmente sconosciuti all’Inail, di cui 79.405 (45%) italiani e 96.337 (55%) stranieri di cui 59.820 cittadini rumeni (pari al 62% dei lavoratori stranieri) e gli altri elencati qui sotto:
Albania 7.664; Polonia 3.627; Marocco 3.309; Serbia e Montenegro 2.308; Moldavia 1.919; Tunisia 1.866; Macedonia 1.731; Egitto 1.597; Bulgaria 1.517; Ucraina 1.126; Brasile 915; Altri 8.938.

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