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La presidente della Regione dell'Umbria ammette che l'ipotesi Lanzillotta stravolge i programmi della propria maggioranza che vanno avanti tra grande incertezza

La legge di riforma delle Comunità montane dell’Umbria, pubblicata nel Bollettino della Regione a metà di agosto, è motivo di un certo imbarazzo della Giunta Regionale, stretta da due “pungoli” che operano in senso contrario.
Da una parte l’iniziativa del Governo, che porterebbe a solo due le Comunità montane della regione rispetto alle cinque previste dalla legge regionale con un “drastico taglio agli assessori e alle relative poltrone retribuite (da 81 a massimo 25)”, consiglia di non imbarcarsi in una lunga e defatigante attuazione di una legge che potrebbe inutilmente sconvolgere equilibri politici e di campanile di difficile gestione. Meglio dunque aspettare l’esito della “finanziaria” e nel frattempo “non fare onde”.
Dall’altro lato la minoranza consiliare che con Andrea Lignani Marchesani (An) chiedeva di conoscere i “tempi di elaborazione del decreto del presidente della Giunta regionale con il quale, ai sensi della legge regionale 24/2007 (cosiddetta di riforma delle Comunità montane ndr), si deliberi la costituzione delle Comunità montane, definendo tempi e procedure per l’insediamento dei Consigli, ottenendo risparmi economici per gli enti e, indirettamente, anche per i cittadini”.
Secondo l’assessore regionale all’agricoltura, Carlo Liviantoni, “l’approvazione da parte della Giunta regionale delle linee di indirizzo, avverrà nel corso della prossima riunione dell’esecutivo, cui seguirà l’emanazione del decreto del presidente della Regione”.
Per il consigliere Lignani, che ha preferito glissare sui problemi introdotti dalla proposta del Governo nazionale, “con questa legge è stato fatto pochissimo sulla strada di una reale e incisiva riforma, quel poco andava comunque fatto.
Ciò non è avvenuto e l’inadempienza attuale è evidentemente motivata dalle difficoltà politiche della maggioranza, da questioni di poltrone che prevalgono rispetto agli interessi generali, e a quelli specifici del contenimento reale dei costi della politica”.
Fuori dell’aula consiliare più chiara, sul problema nazionale, la presidente della Giunta che ha dichiarato di condividere le preoccupazioni manifestate dai sindacati sui provvedimenti inseriti in Finanziaria per ciò che riguarda le Comunità montane.
“Le mie riserve – ha detto – sono rafforzate dal fatto che proprio l’Umbria, prima e fino ad ora unica Regione in Italia, ha già varato un’importante riforma dell’assetto istituzionale delle Comunità montane, riducendole da 9 a 5, con ciò determinando una significativa riorganizzazione innanzitutto del ruolo e delle funzioni dell’ente montano, oltre che un risparmio finanziario. Le cinque comunità individuate rappresentano l’assetto ottimale in relazione alle funzioni che le stesse svolgono e quelle ulteriori di cui dovranno occuparsi, sia nell’ambito della montagna che della forestazione. Sapevamo già allora che anche il Governo avrebbe messo mano alla definizione di nuovi criteri per la riforma delle comunità montane, soprattutto per la classificazione dei territori montani, e sapevamo già che sarebbero stati necessari adeguamenti o aggiustamenti della nostra legge, qualora si fosse reso necessario.
I provvedimenti annunciati invece, oltre a mettere in discussione il principio dell’autonomia che le Regioni hanno in questa materia, in base al nuovo Titolo V della Costituzione, non definiscono con chiarezza il problema delle risorse e del personale”.

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