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In dieci anni sono stati investiti nella regione quasi 500 milioni di euro

Quasi 500 milioni di euro sono stati impegnati in dieci anni per recuperare il patrimonio artistico dell’Umbria, gravemente danneggiato in seguito al terremoto del settembre del 1997.
Di questi ben 280 milioni di euro sono stati gestiti da un fondo strutturale della Regione mentre circa 200 milioni sono stati distribuiti dallo Stato sotto varie voci e con diverse leggi ai suoi organi periferici di tutela: Soprintendenza ai beni culturali, Soprintendenza archeologica, Soprintendenza archivistica, Archivio di Stato. Sono i dati che emersi nel corso della conferenza stampa indetta per fare il punto della situazione dei beni culturali in Umbria a dieci anni dal terremoto. 
Dagli altri dati emersi c’è quello che riguarda i beni artistici mobili. Gli interventi eseguiti coprono circa l’85% del totale ma dei 2.000 pezzi recuperati – e riposti presso i depositi tra cui quello di Scanzano a Foligno – solo 183 sono stati riconsegnati e riposti nel luogo originale.  Il destino del restante patrimonio deve essere ancora scritto: parte andrà ricollocato appena possibile nella sede di origine a patto di garantirne la sicurezza, altra parte potrebbe essere musealizzata.
Tra gli interventi più significativi c’è quello della basilica superiore di San Francesco ad Assisi a seguito del crollo della volta. Tra gli altri recuperi, sempre importanti, ci sono stati anche quelli rivolti a Palazzo dei Priori, sede del Comune e della Galleria nazionale dell’ Umbria, circondato da una robusta fascia di acciaio che aveva lo scopo di metterlo in sicurezza, e le lesioni a San Francesco al Prato e al campanile di San Pietro.
Anche un pezzo notevole del territorio regionale, da Assisi a Foligno a Spoleto, denunciò danni. Dopo dieci anni i cantieri più importanti sono stati chiusi ed il programma dei recuperi degli edifici di culto è quasi completato, ma restano aperte questioni non secondarie, soprattutto per quanto riguarda gli edifici cosiddetti “minori”, diffusi in tutto il territorio. “Qui – è stato detto durante la conferenza – la questione si fa più complessa perché legata ad un pericolo di spopolamento o addirittura di un abbandono di territori, con conseguente crisi irreversibile anche dei beni culturali che vi si trovano”.

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