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SOTTOTITOLO



Sirko

Regia: Michael Moore. Anno: 2007. Genere: Documentario. Durata: 123 minuti.

“Attenti a Michael!” dichiarava una circolare
fatta passare agli impiegati di alcune società assicurative americane
operanti nel settore sanitario. E’ bastato che, nel febbraio del 2006,
Michael Moore (palma d’oro nel 2004 per Fahrenheit 9/11) annunciasse
sul suo sito di volersi occupare della sanità a stelle e strisce per
gettare nel panico amministratori delegati di case farmaceutiche
multimilionarie, agguerriti lobbisti di Washington e un po’ tutti
quelli che, negli States, si spartiscono l’enorme torta del sistema
sanitario privato. Un sistema che esclude ben 46 milioni di persone non
assicurate i quali farebbero bene a non ammalarsi.
Sicko (termine gergale che unisce le parole sick, malato, e KO)
si concentra però su quelle persone che una copertura assicurativa ce
l’hanno e che, in teoria, dovrebbero godere delle migliori cure mediche
nel Paese più sviluppato. Il vulcanico Moore ci farà scoprire quanto,
tale naturale aspettativa resti, appunto, mera teoria, accompagnandoci
in un viaggio tragico nell’assurdo mondo della (mala)sanità americana,
dominato dalla smania di profitto delle compagnie assicurative. Ed ecco
l’affabile falegname costretto a decidere quale dito farsi riattaccare
dopo un infortunio sul lavoro alle falangi o la povera vecchietta
mandata via da un ospedale e abbandonata su di un marciapiede perché
impossibilitata a pagare il conto e via seguendo. Il tutto condito con
dosi di garbata ironia in tipico stile Moore (l’ironia, non il garbo)
atta a stemperare il clima decisamente drammatico, a rischio
compiacimento, del film. Ma documentare le storture del sistema
americano non basta e a Moore non resta che recarsi in giro per il
mondo per verificare il funzionamento della sanità pubblica presente in
Canada, Inghilterra e Francia. Qui mostra una situazione idilliaca in
cui tutto è perfetto e a disposizione di chiunque, il che sorprenderà
anche molti abitanti di questi Paesi. Poi il colpo di grazia finale,
nientemeno che alla base USA di Guantanamo, dove l’amministrazione Bush
si vanta di fornire assistenza medica gratuita ai reclusi. Giunto in
prossimità del luogo a bordo di una barca, Moore cercherà di farvi
ricoverare alcuni soccorritori volontari dell’11 settembre che,
ammalatisi per le polveri tossiche respirate a Ground Zero, non
ricevono le cure necessarie. Tentativo ovviamente fallito ma di grande
impatto mediatico (l’uso felice del paradosso fa sempre il suo effetto).
Michael
Moore, indomito vendicatore del popolo “oppresso” americano, va a segno
ancora una volta smascherando il grande bluff del sistema sanitario
privato? Stando ai fatti esposti nel film parrebbe di sì; tanto più che
nessuno finora ha potuto smentirne la veridicità, il che per un
documentario non è cosa da poco.

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