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Lo chiede l’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, per contrastare lo sviluppo di una sostanza tossica e cancerogena

L’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, ha lanciato un’allerta agli Stati membri dell’Unione Europea su etilcarbammato e cianidi negli alimenti e nelle bevande. In particolare l’Efsa è interessata ai distillati di frutta con nocciolo, ma il problema riguarda tutte le bevande fermentate, compreso il vino.
Un Comitato congiunto di esperti FAO/OMS sugli additivi alimentari ha valutato, infatti, l’etilcarbammato, concludendo che si tratta di una sostanza genotossica nonché di un agente cancerogeno multipotente in tutte le specie animali testate ed è considerato anche un potenziale cancerogeno nell’uomo.
L’etilcarbammato (EC, o carbammato di etile) è un composto che può essere naturalmente presente nei cibi e nelle bevande fermentati, come liquori, vini, birre, pane, salsa di soia e yogurt. Pertanto, la principale fonte dell’esposizione umana all’etilcarbammato attraverso la dieta è il consumo di cibi e bevande fermentati, per esempio in conseguenza della formazione indesiderata di questa sostanza durante il processo di fermentazione, distillazione o durante la conservazione in magazzino.
Nei vini l’etilcarbammato si forma spontaneamente
per reazione tra l’urea (un composto azotato) e l’etanolo (cioè, l’alcole etilico).
Tranne il caso del Canadà (30 microgrammi/litro), non esistono limiti legali per la presenza di EC nei vini; la Fda (Food and Drug Adiministration degli Stati Uniti) ha raccomandato un limite volontario di 15 microgrammi/litro nei vini da tavola e 60 per quelli liquorosi. Sempre la Fda ha prodotto un manuale di prevenzione per la limitazione della produzione dell’etilcarbammato nei vini, molto interessante.
La Fda consiglia come azioni preventive per la riduzione dell’EC nei vini:
– il controllo delle concimazioni azotate della vite
(anche se non tutti gli autori sono d’accordo su questo punto);
– l’aggiunta di nutrienti azotati nei mosti solo in caso di effettiva carenza;
– l’impiego di ceppi adeguati di lieviti e batteri lattici (dal confronto tra vini che hanno fatto o meno la fermentazione malolattica si è visto, infatti, che anche i batteri lattici concorrono alla produzione di etilcarbammato);
– l’uso di ureasi (serve a ridurre la concentrazione di urea prodotta nel corso della fermentazione alcolica; 
– il controllo delle condizioni di stoccaggio (ad alte temperature aumenta la produzione di EC).

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