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I burocrati dell''Unione comunitaria vogliono impedire agli italiani di conoscere da chi, da dove e come sono stati allevati i polli

Che l’Unione Europea tragga le sue origini da necessità dell’impresa è un fatto storico. Ma che a distanza di decenni la tutela dei cittadini resti un fatto secondario ed eventuale, rischia di minare dalle fondamenta proprio la ragione d’essere di una comunità europea.
Ogni uomo ha diritto ad essere libero di scegliere almeno cosa mangia e per farlo deve essere informato. Ora sembra che l’informazione sia un peccato. La commissione europea ha dato due mesi di tempo all’Italia per eliminare le disposizioni relative alle etichettature del pollame, che secondo Bruxelles infrangono le norme comunitarie. Anziché potenziare la politica di difesa dei consumatori, i burocrati europei continuano ad accentuare, in nome di una malintesa concorrenza, la confusione. Dimenticano all’UE basilari principi economici per i quali, in mancanza di informazione corretta sulla qualità “la merce cattiva scaccia la buona dal mercato”. E’ infatti evidente che non conoscendo da dove i prodotti alimentari provengono quello che fa la differenza è solo il prezzo.
Ciò avvalora l’idea che a Bruxelles sono più importanti le lobby degli importatori di polli a basso costo dal Brasile e dai paesi del sud-est asiatico rispetto alla difesa della salute dei consumatori e della sicurezza dei prodotti. Il momento poi non è proprio buono visto che nuovi casi di aviaria sono stati scoperti negli ultimi dieci giorni in Francia, Germania e Repubblica Ceca.
Anche la FAO e l’ Organizzazione Mondiale della sanità hanno chiesto di rafforzare i sistemi di controllo sulla sicurezza degli alimenti ed essere più vigilanti sui produttori
. La richiesta va ai governi dei Paesi sviluppati e a quelli in via di sviluppo. La recente individuazione di melamina, una sostanza chimica industriale, in alimenti animali, e l’uso di farmaci proibiti negli allevamenti ittici potrebbero avere conseguenze sulla salute umana e causare l’esclusione di alcuni prodotti alimentari dal commercio internazionale.
La cosa è ancor più scandalosa se si considera che la Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti dopo una lunga discussione ha votato nella prima mattina del 20 luglio a favore dell’applicazione dell’obbligo di indicare in etichetta la provenienza della carne assumendo una decisione storica dopo le crescenti preoccupazioni dei consumatori di fronte ai rischi sanitari causati dalle importazioni dalla Cina. L’accordo votato dalla commissione agricoltura della Camera USA entrerà in vigore il prossimo anno e riguarda per adesso la carne, ma la legge ne prevede l’estensione ad altri prodotti come frutta, verdura e noccioline per i quali il raggiungimento di una intesa dovrebbe avvenire a breve.
In Europa l’obbligo di indicare nelle etichette l’origine è in vigore nella UE solo per carne bovina, uova, miele, ortofrutta fresca. Perciò la metà della spesa alimentare nazionale (ben 125 miliardi di euro in un anno) è destinata all’acquisto di prodotti anonimi per i quali non è ancora obbligatorio indicare in etichetta la provenienza.
Il consumo familiare di pollo raggiunge, secondo le rilevazioni Ismea AcNielsen, 300 mila tonnellate all’anno con ogni famiglia italiana che acquista complessivamente 54 chili di carne all’anno (bovina, maiale, pollo) con al primo posto nei consumi la carne bovina con 22 chili, al secondo quella di pollo con un valore medio di 18 kg e all’ultimo quella di maiale.

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