Da un lato l’appello a mangiare più frutta e verdure, anche per contrastare i danni delle ondate di calore sulla salute. Dall’altro lato la constatazione di prezzi al consumo sempre più elevati. Come sovrappiù i coltivatori lamentano che la “forbice” tra i prezzi sui campi e quelli al dettaglio dei prodotti agroalimentari continua ad allargarsi. Da una parte i listini alla produzione agricola che, nei primi cinque mesi del 2007, diminuiscono in media tra l’,1,5 e il 2,3 per cento, mentre i consumatori fanno i conti con aumenti sempre più marcati, visto che in giugno si sono registrati incrementi sugli scaffali del 2,5 per cento (tendenziale). Rincari che per frutta e verdura hanno toccato livelli record (più 15 per cento in media rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso), pur non avendo alcuna giustificazione. Ovviamente per gli agricoltori tutta la colpa e della “filiera”, cioè dei commercianti: dai grossisti ai piccoli negozi. Non appare nell’elenco dei soggetti che hanno da dire la loro quello delle associazioni dei consumatori, se non per l’aumento dei prezzi. Ma forse occorrerebbe uno sforzo in più a partire dal detto ormai comune che “la frutta non è più quella di una volta”. Ed allora anche i produttori dovrebbero spiegare perché spesso la frutta infradicia appena comprata, perché spesso è senza sapore o peggio ha sapor di “medicina”. Sono questi fattori importanti per capire lo sbalzo di prezzi fra l’origine ed il consumo. In presenza di scarti notevoli e quasi certi il consumatore compra di meno, il commerciante al dettaglio vende di meno e butta di più e quindi ripartisce i suoi costi fissi su quantitativi sempre minori. Forse anche l’agricoltura dovrebbe spiegare ai suoi componenti che il detto “contadino, scarpe grosse e cervello fino” deve tornare ad essere interpretato correttamente e quel “fino” non deve essere letto come furbo ma come intelligente.
- Redazione
- 2 Luglio 2007
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