“Il Tribunale Militare di Guerra Straordinario convocato in Marsciano, con sentenza del 28 corrente, ha condannato alla pena di morte, mediante fucilazione al petto, i mancanti alla chiamata alle armi: CECI ULISSE di Giustino, classe 1925; CECI ARMANDO fu Sestilio, classe 1923 e CECI GIUSEPPE fu Sestilio, classe 1925, tutti residenti a Marsciano. La sentenza ha avuto immediata esecuzione nello stesso Comune di Marsciano”.
Questa è la sentenza, arrivata dopo un processo farsa, che segna la fine della vicenda umana di tre giovani marscianesi: i Fratelli Ceci, che hanno pagato con la vita la “colpa” di non aver voluto prendere le armi contro i loro fratelli partigiani. È il 28 marzo 1944, una data che non si può dimenticare. E non se l’è mai dimenticata Mario Marianeschi, pensionato di Marsciano, che ancora oggi ricorda quel giorno e quella tragica fine dei tre giovani, alla quale lui stesso ha assistito da vicino.
«La notizia della fucilazione dei tre giovani già circolava a Marsciano e io stesso avevo visto le mitragliatrici all’interno del paese (una in Via XXIV Maggio, dove ora si trovano la Banca Toscana e gli uffici di Briziarelli e l’altra all’inizio di Via Umberto I, poco oltre l’edificio comunale). Io, e come me molti altri, accorsi subito verso il cimitero, dove ci avevano detto che li avrebbero fucilati. Arrivati sul posto trovammo il custode del cimitero, Achille, ed il piccolo cancello, alla sinistra di quello grande, che ancora oggi è l’ingresso del cimitero, aperto per un quarto (bloccato parzialmente dalla terra alta che ne impediva l’apertura completa).
Alle nostre spalle, dove ora c’è la strada che conduce in Via Orvietana, già si era radunata tantissima altra gente.
Il Comandante del plotone di esecuzione ordinò di prendere tre sedie e le fece posizionare alla sinistra dell’attuale ingresso del cimitero. Ma “alla sinistra” non vuol dire nel lato sinistro del cimitero, come oggi tutti credono, sbagliando. Il luogo della fucilazione è proprio l’ingresso del cimitero, quello attuale: dove oggi ci sono gli alberi, 63 anni fa c’erano quelle tre sedie, distanti un metro e mezzo l’una dall’altra.
A cinque metri c’era il plotone di esecuzione e ancora più a sinistra la mitragliatrice (una di quelle che avevo visto in paese) e chi sparava era sdraiato a terra.
Portarono i tre fratelli con un camion – ricorda ancora Mario Marianeschi – li fecero scendere e li accomodarono sulle sedie. Nel tempo che è trascorso da quel momento all’esecuzione, si è aspettato (e sperato) che arrivasse all’ultimo momento la notizia della “grazia” e qualsiasi rumore o movimento che avvertivamo (l’inconfondibile rombo di una Guzzi… e poi una bici…) ci facevano sperare; ma nulla.
Nulla poteva ormai fermare una decisione che era già stata presa.
Qualcuno (…) dice allora al comandante “…basta che ci sbrighiamo perché è andato troppo alla lunga”.
Sono le ultime parole prima dello sparo. Il primo a sinistra muore subito, così come il secondo, che cade all’indietro. Il terzo, ancora vivo, sussurra “mamma mia” (e non “mamma, mamma, mamma…” come molti dicono) e a quel punto viene freddato da uno del plotone che fa un passo avanti e lo finisce, non prima però di aver detto “adesso te lo do io “mamma mia”.
Io stesso, dopo la fucilazione, ho tolto la benda al primo dei fratelli uccisi, che non aveva, come dicono, la testa fracassata, tanto che la mia mano non si è nemmeno sporcata di sangue – prosegue Mario Marianeschi. Questo è quello che ho visto e che ricordo ancora benissimo. Perché, allora, ancora oggi si pensa che non sia così? Perché quella corona e quella lapide si trovano nel muro sbagliato? Se fosse stato quello (nel lato sinistro del cimitero) il luogo della fucilazione, come si spiegano i 22 fori che si trovano su quel muro e che tutti dicono essere quelli della fucilazione?
I componenti del plotone di esecuzione erano infatti 12 e ognuno ha l’ordine di sparare un colpo solo; i fori avrebbero dovuto quindi essere 12, o semmai 13, contando quello in più per finire il terzo dei fratelli.
Oltretutto questi fori si trovano ad una altezza troppo elevata: sono più o meno a due metri dall’attuale livello della terra e bisogna considerare che a quel tempo il livello della terra in quel punto era molto inferiore (perché negli anni è stata riportata della terra fino ad arrivare al livello attuale) e quindi i fori risultano troppo al di sopra rispetto a quella che doveva essere la posizione delle teste dei tre fratelli seduti…).
Ci sono persone, alcune ancora in vita, che come me hanno vissuto da vicino questa vicenda e che possono avvalorare o confutare quello che dico. Aspetto che qualcuno lo faccia e che magari si prenda la decisione di ricordare l’eccidio di questi tre giovani nel punto giusto».
- Redazione
- 26 Giugno 2007
Condividi su facebook
Condividi su twitter