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La festa, che si conclude con una tavolata per le vie del paese, risale a quasi novant'anni fa ed è legata alla devozione per S. Antonio da Padova
doglio

Si conclude domenica 24 a Doglio, con la caratteristica cena per le vie del borgo che coinvolge tutti gli abitanti, la festa di Sant’Antonio da Padova, ricorrenza che nulla ha a che vedere con le più recenti sagre ed iniziative ricreative paesane, visto che affonda le sue radici in una venerazione religiosa iniziata quasi novanta anni fa.
Nel 1918, infatti, in Italia si manifestò una terribile epidemia di “Spagnola”, che causò la morte di più di mezzo milione di persone. Proprio in quell’anno si ammalò a Doglio anche Chiara Lipparoni (1895–1982). Il medico ne decretò la morte ed il parroco Don Domenico Mecarelli iniziò la preghiera dei defunti, ma i genitori della piccola Chiara, Valerio e Santa, sperando oltre l’impossibile, pregarono Sant’Antonio da Padova e conosciuta la devozione, un vicino giunse in quel momento portando con sé un fazzoletto poggiato sulla reliquia del Santo in occasione di un pellegrinaggio.
Questo fu posto sulla fronte di Chiara ed i genitori, mossi dalla fede, fecero voto di donare al paese una statua di Sant’Antonio se la figlia fosse guarita. La fede fu premiata e Chiara cominciò a riprendersi senza l’ausilio dei farmaci. Il mattino seguente il dottore la dichiarò fuori pericolo. Nel 1920 la statua di Sant’Antonio fu posta nella chiesa parrocchiale dove ancora oggi è conservata. Il 13 giugno dello stesso anno si registrò la prima festa di Sant’Antonio da Padova. Il Comitato dei festeggiamenti da allora si adopera per rendere onore a questo Santo da ben 87 anni (è la festa montecastellese più longeva).

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