L’Umbria è diventata la “riserva” per gli utilizzatori dei materiali di cava. Da Toscana, Lazio ed altri regioni vicine la nostra regione è vista come un territorio da cui prelevare e distruggere. Sono queste, probabilmente, le vere ragioni che stanno dietro le preoccupazioni di operatori dell’attività estrattiva in Umbria che temono di perdere la possibilità di “esportare” un pezzo del “cuore verde” d’Italia.
Secondo quando afferma l’assessore regionale Lamberto Bottini: “recentemente sono stati presentati alla riunione dell’Osservatorio Regionale dei Materiali Inerti i dati relativi all’attività di cava, aggiornati al 31 dicembre 2006. In alcune prese di posizione pubbliche conseguenti a tale riunione, da parte degli operatori sono state espresse riserve e preoccupazioni circa le prospettive del settore nella nostra Regione”.
La Regione continua ad avere, secondo l’assessore “grande attenzione e rispetto del lavoro degli operatori del settore, ma analoga e crescente attenzione la riserva al rispetto dell’ambiente e del territorio, con particolare riguardo alla compatibilità ambientale di attività tanto impattanti. La ripresa dell’attività estrattiva da vecchie e piccole cave dismesse che non costituiscono tracce incompatibili con il paesaggio circostante, deve essere considerata alla stregua dell’apertura di una nuova cava e perciò deve essere assoggettata ai vincoli ostativi previsti dalla legge e dal piano cave”.
Per quanto riguarda i dati relativi alle produzioni – conclude Bottini – è stato evidenziato che il fabbisogno degli impianti e delle industrie ubicate sul territorio regionale è stato soddisfatto per tutte le categorie o tipologie di materiali di cava. La attività di monitoraggio in corso ci consentono di affermare che ci sono tutte le condizioni affinchè gli operatori possano programmare la propria attività con la necessaria certezza”.
- Redazione
- 22 Giugno 2007
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