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La previsione potrebbe stare dietro alla volontà dell'Enel di riconvertire la centrale di Gualdo Cattaneo

Il mercato relativo alle energie rinnovabili sembra abbia superato la fase critica iniziale. Fino ad ora a condizionare gli investimenti era il prezzo del petrolio. Quando questa scendeva gli investimenti nel settore energetico alternativo andavano in sofferenza. Ora questo mercato ha raggiunto una massa critica tale da poter resistere anche se il prezzo del petrolio scendesse sotto i 40 dollari e ciò dovrebbe contribuire ad uno sviluppo dell’industria connessa anche nelle zone ove è più scarsa la propensione al rischio. A livello globale, gli investimenti nelle energie rinnovabili sono in rapida crescita, con 70,9 miliardi di dollari di nuovi investimenti nel 2006, pari a un incremento del 43% rispetto all’anno precedente e la tendenza pare confermata anche per il 2007.
In particolare, i settori che vedono i più elevati livelli di investimento sono quelli eolico, solare e dei biocombustibili, riflettendo la maturità delle tecnologie, l’esistenza di incentivi politici, e le aspettative degli investitori.
In questo ambito i livelli di investimento negli Stati Uniti e nell’Unione Europea a 27 sono paragonabili, anche se negli Stati Uniti i flussi finanziari provengono dal settore privato molto più di quanto non avvenga in UE. Cina, India e Brasile sono invece i paesi in via di sviluppo che si stanno adeguando con maggior velocità a questa tendenza negli investimenti.
L’investimento in ricerca e sviluppo (R&S) è arrivato a toccare i 16,3 miliardi di dollari contro i 13 miliardi di dollari del 2005. Tuttavia, nota il rapporto, l’Europa dei 27 in questo ambito sembra un poco in ritardo, a causa del coinvolgimento relativamente più basso del settore privato. In Europa questo infatti copre il 55% della R&S, contro il 64% che si ha negli Stati Uniti e addirittura il 75% del Giappone. I maggiori investimenti nell’energia eolica vanno di pari passo con una sempre maggiore propensione degli italiani verso questa fonte che viene ritenuta il “male minore”. Sono queste le conclusioni a cui giunge un’indagine sul consenso sociale dell’energia eolica in Italia promossa dall’Anev (Associazione nazionale energia del vento) e da Greenpeace.
La salvaguardia del paesaggio è sicuramente una delle motivazioni chiave nel basso sviluppo attuale anche in Umbria dell’utilizzo del vento come fonte alternativa. Le enormi pale eoliche e il loro impatto creano preoccupazioni, eppure il 50,5% degli intervistati crede che “si dovrebbero impiantare parchi eolici in aree di maggiore vento”, tranne in alcune di rilevante interesse paesaggistico. Gli italiani assolutamente contrari allo sviluppo eolico per ragioni paesaggistiche sono invece il 5,4 per cento.
L’uso della forza del vento per produrre energia è, nella classifica delle fonti rinnovabili, al secondo posto nelle preferenze degli italiani, dopo il solare fotovoltaico (che, in una scala da 0 a 5, ottiene il voto 4,5) e prima dell’energia idroelettrica, di quella delle onde del mare e delle biomasse. Una larga maggioranza, l’86 per cento, ritiene che l’energia eolica sia poco sviluppata e che potrebbe esserlo molto di più.
A rendere ancor più attuale la situazione la notizia che le riserve di petrolio finiranno prima del previsto. A sostenerlo è un gruppo di scienziati riuniti nell’Oil Depletion Analysis Centre di Londra, una società di studi britannica che esamina l’esaurimento delle risorse petrolifere. Il recente rapporto del centro studi britannico ha contestato le cifre ottimistiche e rassicuranti pubblicate nel rapporto annuale “Statistical Review of Word Energy” dagli esperti delle compagnie petrolifere, in base al quale le riserve attuali di petrolio sono sufficiente a garantire almeno altri 40 anni ai ritmi attuali di consumo. Gli scienziati di Londra contestano questa previsione, ipotizzando il raggiungimento del picco petrolifero nei prossimi quattro anni e un successivo incremento dei prezzi del greggio a innescare la recessione su scala mondiale. Secondo il professor Colin Campbell, direttore dell’Oil Depletion Centre, il picco petrolifero del petrolio “leggero”, più economicamente estraibile, è stato già raggiunto nel 2005. Per il petrolio “pesante”, le cui riserve sono più in profondità nel sottosuolo, il picco sarà invece raggiunto nel 2011. Oltrepassato il punto di massima produzione l’estrazione annuale di barili (oggi 85 miliardi di barili/giorno) sarà destinata a decrescere e i prezzi ad aumentare. Le compagnie petrolifere negano lo scenario prospettato dagli esperti dell’Oil Depletion. Va però ricordato che queste ultime fino a pochi anni fa erano riluttanti ad ammettere l’esistenza stessa dell’effetto serra e del cambiamento climatico.
Anche per l’energia dal sole si prospetta uno sviluppo. Un appuntamento a cui l’industria italiana non dovrebbe mancare anche perché è a breve termine. Entro il 2010 il costo globale per chilowattore dell’energia solare fotovoltaica sarà competitivo nei confronti dell’energia elettrica prodotta dal carbone. La previsione arriva dagli esperti di Photon Consulting e trova spazio nel quotidiano finanziario italiano Il Sole 24 Ore. Secondo Photon Consulting il costo del kilowattore solare scenderà a 18 centesimi di dollari in Germania, ancora meno nei paesi assolati come la California e la Spagna dove il costo previsto nel 2010 è compreso tra 12 e 13 centesimi di dollari. Le industrie leader del settore saranno perciò in grado di abbattere questi costi fino a 10 centesimi di dollaro. In altre parole meno del costo del kilowattore a carbone.

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