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A dieci anni dal terremoto, dopo quella edile ora serve alla comunità una ricostruzione della memoria
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Il sisma del  maggio 1997 ha segnato a fondo la memoria collettiva dei massetani, non soltanto perché si è trattato di un evento naturale in sé tragico (anche se non ha prodotto conseguenze altrettanto tragiche in termini di vite umane), ma perché ha rappresentato una svolta radicale nella storia locale. Oggi, dopo la ricostruzione, è naturale volgere lo sguardo indietro ed inevitabile procedere a paragoni tra due realtà temporali di uno stesso paese: ieri piccolo borgo adagiato su se stesso, oggi cittadina dinamica e moderna. Come se il III millennio con annessi e connessi fosse all’improvviso penetrato, previo tremante colpo di coda, nella realtà un po’ assonnata, quasi alienata, di un comune immerso nel cuore dell’Umbria, troncando così quel “secolo breve” che invece sembrava, anche qui come altrove, essersi prolungato.
Il terremoto ha provato la terra un tempo feudo degli Arnolfi ma l’ha anche in parte sprovincializzata, ha portato con se distruzione, ma ha decisamente rinsaldato i legami degli abitanti con le proprie case, con le abituali piazze, strade, vie, oltre a provocare il totale riassetto urbanistico e viario; ha separato famiglie, parenti, vicini, amici, ma ha favorito il volontariato, l’associazionismo, il gemellaggio con città lontane; ha sradicato molte attività commerciali e professionali, ne ha promosse altre imprenditoriali e non. Checché se ne dica o pensi il terremoto ha involontariamente trasformato da cima a fondo la fisionomia di tutto un territorio, avendo rappresentato la scintilla di uno sviluppo tuttora in corso. Ma il ricordo, i ricordi di quel giorno non scompaiono e sembrano affastellarsi, confondersi nel mare magnum della memoria. E ben più ardua rispetto a quella edilizia sembra apparire l’impresa di ricostruzione “mentale”, propria di un naufrago che ha raggiunto la sospirata sponda.
Affidandoci alla memoria cartacea di qualche quotidiano accuratamente conservato nel cassetto, cercheremo allora di ripercorrere le vicissitudini salienti di poco precedenti ed immediatamente successive al giorno fatale. Ad onore del vero le scosse telluriche iniziarono già nei due mesi precedenti il maggio ’97, ma la prima notizia ufficiale risale al 30 aprile: “Tre scosse telluriche hanno tenuto in allarme, nella giornata di ieri, gli abitanti di Massa Martana. Per fortuna l’entità del terremoto, terzo grado della scala Mercalli, è stata lieve e non ha provocato danni a persone o abitazioni”. Ed è proprio ad aprile che si verificò l’intensificarsi del fenomeno. Già le autorità locali, in primis l’allora primo cittadino Guido Rossi, avevano sollecitato l’intervento di esperti e vigili del fuoco al fine di favorire controlli e perizie geologiche.
7 maggio: “La terra ha tremato ancora, nel primo pomeriggio di ieri, sui Monti Martani. L’epicentro del movimento sismico, valutato tra il quarto e il quinto grado della scala Mercalli, sembra aver interessato particolarmente il versante che guarda verso Gualdo Cattaneo, ma in ogni caso a Massa Martana la scossa, verificatasi pochi minuti dopo le ore 14.00, ha seminato il panico tra la cittadinanza che si è riversata di corsa per le strade.”. In effetti i sommovimenti erano divenuti quasi un quotidiano appuntamento, ma tutto ciò aveva portato ad escludere ulteriori sorprese, al di la di pur allarmanti “colpi” di assestamento.
13 maggio: “La terra è tornata a tremare in Umbria. Trenta le scosse registrate nella giornata di ieri. La più forte alle 15,51. Settimo grado Mercalli, dodici secondi di durata, epicentro proprio sotto la vetta del Monte Martano. Nessun ferito, solo due persone lievemente contuse, ma danni ingenti a Massa Martana. Il centro storico della cittadina è stato completamente evacuato. Il 70 % degli edifici è rimasto danneggiato. Seicento persone hanno dovuto trascorrere la notte lontano da casa”.
E’ il giorno dopo la grande paura, i crolli, la polvere e i fracassi. Il giorno dopo gli squarci e le crepe sui muri, i calcinacci, i vetri infranti lungo i vicoli. Chi non ricorda i vigili del fuoco e la protezione civile in piazza Matteotti, i volti smarriti, gli sguardi sconvolti di quanti sembrava dovessero abbandonare i luoghi di una vita e lasciare un centro storico a se stesso, snaturato ed impotente di fronte alla violenza delle calamità naturali?
18 maggio: “Questa mattina nel campo dei vigili del fuoco saranno celebrate due messe, la prima alle ore 8,30, la seconda alle ore 11,30. Nel corso di quest’ultima sarà battezzato il primo bambino massetano dopo il terremoto. Questo vuole essere un messaggio di speranza, ma anche testimoniare la voglia di tutta la popolazione locale di tornare al più presto alla normalità. Purtroppo è una cosa più facile a dirsi che a farsi perché la situazione rimane gravissima sia sotto il profilo psicologico che pratico. Dopo la consegna di 20 roulotte, si è già provveduto a montare 15 container…; “… finora sono state controllate 628 abitazioni ed oltre 150 sono state dichiarate inagibili: interessate complessivamente circa 370 persone”.
Nei giorni immediatamente successivi erano stati allestiti impianti di soccorso presso il campo sportivo e già iniziavano ad arrivare in paese, su delibera governativa, quelle tanto odiate “scatole di latta”, bollenti d’estate e fredde d’inverno, che, assieme a transenne, soppalchi ed impalcature avrebbero caratterizzato il paesaggio di Massa Martana per gli anni a venire.

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