L’industria delle acque minerali: il caso umbro nel contesto nazionale”: è il titolo del convegno svoltosi ad Acquasparta su iniziativa dell’Amministrazione municipale, dell’Icsim e dell’Aipai. Si è trattato di una giornata di studio affollata di interventi qualificati, caratterizzata da un inquadramento generale sull’industria delle acque minerali in Italia e in Umbria e sul rapporto tra patrimonio idrotermale e sviluppo locale e, soprattutto, da contributi riferiti a casi come Ferrarelle, Fontecchio e Nocera Umbra.
Gli spunti più interessanti sono venuti dalle relazioni sulle acque minerali della valle del Naia. Relazioni che, peraltro, ci hanno permesso di scoprire l’esistenza di un volume – “Il patrimonio della cultura termale: per una rete europea di ecomusei”, curato dalla professoressa Marcella Arca Petrucci – che costituisce una vera e propria “bibbia” del sistema idrominerale nell’alta valle del Naia, con una ventina di spaccati dal punto di vista storico, religioso, terapeutico, sociale, produttivo, sanitario ed ambientale in “cinque comunità allo specchio: Acquasparta, Avigliano Umbro, Massa Martana, Montecastrilli e Sangemini”.
La tante informazioni prodotte nel corso del convegno e la rilevanza del materiale contenuto nel libro sono tali da meritare la pubblicazione di sintesi organiche in stralci successivi. La valle del Naia, infatti, è come noto ricchissima di sorgenti importanti (San Faustino, Furapane, Amerino, Sangemini) ma anche di tante fonti minori, tutte con caratteristiche chimiche diverse a seguito della peculiare geologia e idrografia della zona che ha favorito la formazione non di una classica falda di fondo ma di una serie di falde separate.
Una delle sorgenti termali più antiche è quella dell’Amerino, della quale si ha la prima attestazione scritta con Plino il Giovane (I secolo d.C.). L’utilizzazione per scopi terapeutici risale invece a San Francesco che, nel 1213, si sarebbe servizio dell’acqua quando era nell’eremo della vicina Cesi. Sfruttata durante tutta l’età moderna dai nobili locali, si registrò un grande utilizzo anche durante il XIX secolo, con la comunità di Acquasparta che inizia a considerare la fonte come un bene economicamente proficuo.
“Il punto di svolta nello sfruttamento dell’Amerino – ha detto Mauro Amati al convegno – si ha nei primi anni del ‘900 quando il Comune decide di affidare la sorgente a soggetti privati. L’assegnazione definitiva spetta ad Alibrando Santini nel 1908, al quale viene data in concessione per 50 anni, a patto che realizzi lo stabilimento per l’imbottigliamento e le terme e pagasse, dal 1919, un canone annuo, garantendo comunque ai cittadini del comune di potersi approvvigionare di acqua in misura di 2 litri e mezzo al giorno”. Lo stabilimento termale e la fonte entreranno in funzione nel 1909, caratterizzandosi per una politica aziendale indirizzata verso il mercato medico e terapeutico. Vengono a tal fine organizzati congressi e studi scientifici che contribuiscono a fare di Acquasparta uno dei centri termali dell’epoca più importanti d’Italia, con un ritorno apprezzabile anche sull’indotto economico. La costruzione della prima struttura ricettiva, il Grande Albergo Amerino, è del 1911. In pochi anni vengono costruite molte altre attività. “In totale – ha sottolineato Amati – nel 1927 nel comune vi sono ben 22 strutture ricettive tra alberghi e trattorie e 118 addetti occupati nel settore commerciale”.
Nel 1926 Santini vende ad una società composta per lo più da persone del luogo. Con la proprietà cambia pure la strategia di mercato, con l’allargamento delle vendite al settore alimentare e, nel 1929, la creazione di una versione frizzante. Gli occupati passano dai 44 del 1911 ai 177 del 1927. “La crisi del sito – sottolinea Amati – è però dietro le porte: nel 1935, infatti, viene addirittura revocato alle fonti il riconoscimento di stazione di cura e soggiorno. E l’anno successivo un’ispezione del Ministero della sanità rileva molte pecche anche nell’impianto di imbottigliamento ed impone lavori di miglioramento”. Lo sfruttamento del sito, nel 1943, è affidato ad una società milanese, alla quale nel 1949 viene girata la concessione ottenuta dallo Stato fino al 1979. Ma qualcosa si rompe nel rapporto con la comunità locale se – come riferisce sempre Amati – “nel 1951 l’associazione dei commercianti di Acquasparta produce un documento verso ‘la massa di forestieri che hanno depauperato una ricchezza della città’ accusandoli addirittura di ‘sottrarre acqua alla città‘”. Si arriva con tali incrinature fino al 1966, allorchè il Comune fa causa alla società milanese, che continuerà però a sfruttare le acque Amerino fino al 1977. L’anno prima della scadenza viene fondata la SAMIT, una società pubblico-privata che, proponendosi di favorire lo sviluppo locale, riesce ad ottenere la concessione fino al 2007. “Il programma di miglioramento del sito – conclude la sua ricostruzione Mauro Amati – avviene solo in parte ed il settore rimane in crisi fino al 1997, quando la Sangemini acquista una quota della società”.
- Redazione
- 16 Giugno 2007
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