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Primo indizio: la pianta di Todi di Marcello Valentini del 1625

L’immagine della pianta della città di Todi di Marcello Valentini del 1625 è stata riprodotta migliaia di volte su libri, riviste, poster e cartoline. Anche chi non la conosce col suo nome l’ha vista sicuramente almeno una volta, e chiunque l’ha vista le ha dedicato almeno qualche minuto di attenzione. Tanto successo è dovuto probabilmente al fatto di poter essere letta a più livelli: un semplice colpo d’occhio basta al turista per farsi un’idea generale della città; uno sguardo appena più attento si soffermerà sui monumenti principali; il tuderte “doc” andrà volentieri alla ricerca della sua via e della sua abitazione, tenterà di riconoscerla tra le tante casette ammassate le une sulle altre fedelmente raffigurate con sottili linee di inchiostro nero; infine lo storico cercherà di trarne indicazioni utili a comprendere ogni più piccolo particolare. Lo stesso autore viene in aiuto segnalando il nome dei principali monumenti rappresentati in una leggenda in calce al disegno. Tuttavia le indicazioni fornite sono ben poche rispetto agli innumerevoli particolari raffigurati e a volte non è facile dare un’identità a ciò che si sta guardando.
Uno degli edifici “muti” che attira l’attenzione è una curiosa costruzione situata fuori dalle mura, appena al di sotto del Borgo Ulpiano: si tratta di un edificio a pianta quadrata sormontato da una torretta, con un grande arco su di un lato. Lo stesso compare anche nella più tarda pianta del Mortier che imita quella del Valentini. Nel disegno va riconosciuta la casa tuttora esistente proprio davanti all’ingresso del pronto soccorso: anche se la struttura è stata rimaneggiata nel corso dei secoli sono ancora leggibili la torretta sommitale e il grande arcone, oggi murato. È la stessa casa a svelare la sua identità fornendoci le informazioni negateci dal Valentini: ancora oggi infatti su di una parete (anche se non è la posizione originaria) si può vedere murato uno stemma con questa iscrizione: D(O)M(I)NI / ALOVISII / INSIGNIA • QUI / DOMUM • ISTAM • CONSTRUXIT / OCTOQ(UE) / QUARTINCOS • / • TERRE • CIRCUMSTANTES • / • ACQUESIVIT •M•D•X•VIII, ovverosia: “questo è lo stemma del signor Alvise che costruì questa casa e comprò otto quartenghi del terreno circostante, 1518”.
Lo stemma è quello della nobile famiglia degli Uffreduzzi, attestati in diverse città umbre e presenti anche a Todi almeno dal XIII secolo, a cui evidentemente Alovisius apparteneva. Il “Libro delle genealogie delle famiglie di Todi” redatto Pietro Bolognini nel 1788 e conservato presso l’archivio storico comunale, ci fornisce qualche informazione in più; va però tenuto conto che l’autore commette parecchie imprecisioni nell’accorato tentativo di ricostruire la storia alle famiglie cittadine. Viene menzionato proprio in quegli anni un Ser Aloisius, di Ser Bernard(inus), di Ser Ugolinus, di Gio(annes) che, secondo alcuni, avrebbe preso in sposa Olimpia de Monaldensibus. Il titolo Ser indica che probabilmente si trattava di un notaio o forse anche di un medico come il suo parente Niccolò morto nel 1602.
L’edificio dunque è nato come abitazione rurale di un nobile tuderte che aveva comprato un piccolo appezzamento di terra (8 quartenghi corrispondono a circa tre ettari e mezzo) appena al di fuori della città, in quella fascia di terreno detta “sanate”. Anzi, probabilmente la distanza che divide la casa dalle mura cittadine corrisponde alla minima fissata per legge per non compromettere la difendibilità della cinta. Nel corso dei secoli la casa deve essere passata sotto vari padroni: nel 1800 apparteneva a Gorelli Nicola e poi al figlio Luca, nel 1973 fu venduta dalla famiglia Zatti-Comez all’attuale proprietario Enrico Budelli.

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