Condividi su facebook
Condividi su twitter
La riorganizzazione endoregionale in partecipazione

La Regione ha promosso la partecipazione sul progetto di legge di istituzione degli Ambiti Territoriali Integrati (ATI). Gli ATI dovrebbero essere, nelle intenzioni della Giunta Lorenzetti, il livello che unifica l’esercizio di una pluralità di funzioni afferenti varie materie quali la sanità, la politica sociale, la gestione dei rifiuti, del ciclo idrico integrato, la promozione turistica. Gli Ambiti sarebbero destinatari poi di ulteriori funzioni attribuite o delegate dalle Province, conferite da più Comuni associati tra loro o anche dai singole municipalità.
L’ATI viene definito forma speciale di cooperazione dei Comuni, ha personalità giuridica di diritto pubblico e autonomia regolamentare, organizzativa e di bilancio. Dovrebbe diventare lo strumento istituzionale delle Amministrazioni locali per promuovere in modo coordinato lo sviluppo del territorio a livello sovracomunale.
Sul tema si è aperto un dibattito, ristretto alle stanze del potere, dove si registrano posizioni assai critiche. Il timore è che gli ATI possano diventare l’ennesima occasione per ampliare il numero delle poltrone a disposizione dei politici e a carico dei cittadini, aumentando gli organigrammi invece che procedere ad un reale efficientamento e razionalizzazione dei servizi. Il vicepresidente della Provincia di Perugia Giovagnola ha dichiarato che “sarebbe meglio evitare queste forme intermedie e mettere a capo degli enti elettivi (Regione, Province e Comuni) tutte le competenze”.
Gli oppositori al progetto sostengono che i quattro ATI proposti avranno costi di gestione e compensi per gli amministratori superiori a quelli di oggi. Altri temono l’abbandono di interventi diretti sulle aree più emarginate (garantiti negli ultimi decenni dalle Comunità montane) e una perdita di risorse dallo Stato di 1,5 milioni di euro. Il dito è puntato soprattutto sull’esclusione delle città con oltre 25 mila abitanti dalle future Comunità montane. In molti pongono il problema dei dipendenti degli enti che verranno sciolti (si parla di circa 500) e suggeriscono di dar vita ad un’unica azienda forestale regionale al quale trasferire tutto il patrimonio demaniale.
Non mancano inoltre riproposizioni del vecchio problema del riequilibrio territoriale fra le due province e osservazioni che ricordano come gli ATI siano “strumenti senza sovranità diretta e che per operare avrebbero bisogno di singole delibere dei Comuni che vi partecipano”.

condividi su:

Condividi su facebook
Condividi su twitter